L’emergenza Covid, col suo drammatico numero di vittime, ricoveri e drammi economici per milioni di lavoratori dipendenti e non, ha comunque permesso, nel senso comune (devastato per anni da ideologici luoghi comuni del tipo “privato è bello” o “lavoratori pubblici=fannulloni”) un parziale cambio di mentalità sulla decisiva importanza del lavoro pubblico, e in particolare sul personale medico, infermieristico e della sanità in generale. Nei momenti più cruciali della pandemia ancora in corso, questi lavoratori e queste lavoratrici hanno visto riconosciuto in giusta misura quello che è il loro contributo quotidiano al vivere civile. Sui media radiotelevisivi, sul web e sulla carta stampata, il termine più ricorrente per il personale sanitario è stato quello di “eroi”.
Peccato che ai riconoscimenti verbali, non corrispondano spesso quelli più pragmaticamente economici. E stiamo parlando di semplice, sacrosanto pagamento del lavoro effettivamente svolto. Già a fine marzo scorso i lavoratori e le lavoratrici dell’ospedale S. Giovanni-Addolorata avevano dovuto proclamare uno sciopero per il 31 marzo per vedersi riconosciuto il pagamento del salario e degli straordinari Covid svolti nell’emergenza. Oggi tocca a quelle e quelli del Sant’Andrea, altro nosocomio pubblico, pietra centrale del Servizio sanitario pubblico del quadrante di Roma nord e dei comuni limitrofi.
Nonostante accordi precedenti, che hanno comunque consentito l’aumento del personale addetto, mancano i soldi per pagare le ore di straordinario già effettuate, e i sindacati confederali di categoria, dopo un tentativo di conciliazione in Prefettura, pur apprezzando la volontà dell’azienda sanitaria di venire incontro alla legittima richiesta degli operatori, hanno comprensibilmente rifiutato la mediazione proposta, che prevedeva di utilizzare i fondi della produttività per il pagamento degli straordinari. In pratica i lavoratori e le lavoratrici avrebbero dovuto pagarsi quelle prestazioni che a lungo li hanno visti lavorare intere giornate in ospedale, lontano dalle proprie famiglie e affetti, in un momento così critico per tutti, con i loro stessi soldi!
Per il 22 giugno prossimo Fp Cgil, Fp Cisl e Fpl Uil di Roma e Lazio hanno quindi indetto uno sciopero per tutto il personale dell’ospedale Sant’Andrea. “Quella che si sta giocando ai danni dei lavoratori è una beffa inaccettabile”, attaccano i responsabili territoriali di categoria Massimiliano De Luca, Giovanni Fusco e Igino Rocchi. “In questi mesi al personale è stato chiesto di moltiplicare gli sforzi e di mettere a rischio la propria vita per garantire servizi, cure e assistenza a tutti i cittadini. E invece di essere sostenuti e riconosciuti nel loro impegno e sacrificio, vengono privati della giusta retribuzione. Non accetteremo che venga sottratto un solo euro. Tanto più visto che, proprio per i maggiori carichi dovuti al Covid, sono state definite premialità aggiuntive negli accordi dei mesi scorsi. La Regione deve rispettare i patti e consentire all’azienda di provvedere subito ai pagamenti”.
La palla passa ora alla Regione Lazio, che deve mettere immediatamente i soldi necessari a consentire il pagamento di straordinari e produttività. Soldi rispetto ai quali si è impegnata formalmente. I segretari generali delle tre categorie Cenciarelli, Chierchia e Bernardini, intimando alla Regione il rispetto dell’accordo precedentemente firmato ad aprile scorso, concludono: “La risposta a questa fase dell’emergenza pandemica non può limitarsi a organizzare e pubblicizzare la campagna vaccinale, perché se questa sta funzionando è merito soprattutto di operatori che stanno dando il massimo, anche oltre le loro forze. Quegli stessi operatori a cui va dato riscontro, rispetto ai diritti e al riconoscimento economico. E che certo non possono pagare il prezzo del mancato rispetto degli accordi. I patti si rispettano. Se non avremo risposte, il 22 giugno sarà sciopero, e porteremo la nostra protesta fin sotto la sede dell’amministrazione regionale”