A.D’Orsi, F. Chiarotto (a cura di), Un maestro per la Storia. Scritti di e su Gian Mario Bravo (2010-2020), Franco Angeli, pagine 234, euro 28.
Strano Paese il nostro. È riuscito, riesce e riuscirà a proporci personaggi e scenari politici inquietanti. Salvo poi, come è successo per esempio nell’immediato secondo dopoguerra, dopo la fine del fascismo, rivelarsi in grado di estrarre dal cappello uomini e donne di altissimo livello, nel campo della politica e dell’intelletto come nelle arti, senza essere secondo a nessuno.
Gian Mario Bravo era tra questi. Classe 1934, storico torinese, studioso del marxismo e del socialismo, tra i tanti incarichi preside della facoltà di Scienze politiche e direttore scientifico della Fondazione Luigi Firpo, nonché assistente di Norberto Bobbio, Bravo è venuto a mancare il 29 aprile dello scorso anno. In occasione, dunque, della ricorrenza della sua scomparsa, la casa editrice Franco Angeli ha voluto pubblicare il libro “Un maestro per la Storia. Scritti di e su Gian Mario Bravo (2010-2020)”.
Un omaggio doveroso che hanno fatto subito proprio gli editori Isabella Francisci e Tommaso Gorni. Un lavoro curato e scritto da Angelo D’Orsi, già ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino e direttore delle riviste “Historia Magistra” e “Gramsciana”, e da Francesca Chiarotto, dottoressa di ricerca in Studi politici dell’Università di Torino, e coordinatrice della redazione centrale delle già citate riviste.
Autorevoli e di grande spessore i numerosi collaboratori e le numerose collaboratrici che hanno consentito, con il loro contributo, alla realizzazione del volume: da Cristina Accornero a Pietro Adamo, da Aldo Agosti a Giuseppe Cacciatore, da Paolo Favilli ad Alexander Höbel a Fabrizio Loreto, fino a Stefano Petrucciani, Fiorenza Taricone e Salvatore Tinè. Interventi che hanno approfondito, come dicevamo, tematiche inerenti al pensiero anarchico, socialista e comunista, e alle disuguaglianze, con una particolare attenzione alla storia del movimento operaio torinese. Tutte tematiche che Bravo affrontava con grande rigore intellettuale, umano e solidaristico. Con un approccio tutt’altro che confinato in un contesto meramente accademico.
L’affetto che legava Bravo ai suoi più giovani colleghi si evince dalle parole che possiamo leggere nella premessa del volume. “Gian Mario Bravo – scrivono D’Orsi e Chiarotto - ci ha lasciato il 29 aprile dell’infausto anno 2020. Negli ultimi anni aveva sofferto di malattie e incidenti. Ne era uscito ogni volta più provato, ma la sua tempra e il suo temperamento ci rassicuravano. Ed eravamo avvezzi al suo ‘eterno ritorno’ dopo l’ennesimo malanno. Ma nell’età della pandemia da coronavirus, anche lui ha dovuto cedere, e il suo ritorno non c’è stato”.
Un contesto umano dunque, prima ancora che politico, unico e assolutamente inusuale in un’epoca dove queste virtù sono merce rara. Come fuori dal tempo erano le sue posizioni politiche quando si definiva, tra le tante, “uno statalista”, un avversario insomma del catastrofico pensiero liberista che ha ancora pochi avversari, e che continua a provocare danni incommensurabili. Insomma era un uomo del ‘900, quel “secolo breve” che ci ha regalato grandi sciagure ma anche grandissime battaglie ideali e uomini come Gian Mario Bravo.