Alcuni giorni fa mi è capitato di leggere questa frase di Nicholas William Richmond Shakespeare in “Danza di sangue” (Baldini e Castoldi): “Mio padre, uomo timido con pochi amici intimi, era convinto che parte del motivo per il quale vogliamo bene a qualcuno dipende dalla persona che diventiamo quando siamo in sua compagnia. Quando muore, noi non possiamo mai più essere di nuovo quella persona. È per quell’altra persona, diceva mio padre, che in realtà noi portiamo il lutto”.
Quando, pochi giorni dopo, ho ricevuto la notizia che la compagna Rita Guglielmetti ci aveva lasciato, ho avuto la chiara percezione che è proprio così: quando una persona a noi cara muore, non possiamo mai più essere quella persona che diventavamo in sua compagnia.
Ho conosciuto Rita a Imperia sul finire del 2005 in occasione della preparazione del congresso del centenario della Cgil del 2006. Ricordo che alla prima riunione a cui ho partecipato, dove oltre a non avere alcuna esperienza sindacale non conoscevo nessuno, ero rimasto colpito dal fatto che mentre la discussione era molto animata e gli interventi molto critici e accesi, lei riusciva sempre a riportare la discussione sul merito, e a stemperare le animosità e le tensioni con una grazia e una tranquillità che mi ricordava un po’ una zia d’altri tempi, di quando ero bambino e poi adolescente.
Una zia speciale, come sanno essere speciali certe zie, ognuna a modo suo: perché sono le uniche su cui poter contare sempre quando le cose diventano difficili da affrontare, le uniche che possono essere amiche e confidenti dei nipoti e tirare loro le orecchie quando è necessario, angeli custodi, a cui una madre affiderebbe i propri figli senza esitazione. Un esempio per i nipoti e un punto di riferimento per le famiglie. Un ruolo che dà anche delle belle soddisfazioni, perché l’affetto che possono dimostrare i bambini e i ragazzi è grandissimo, e il rapporto che si viene a creare con loro resterà sempre speciale, anche quando saranno adulti indipendenti.
Rita era così: un punto di riferimento per tutta la famiglia Cgil, che ha fatto crescere sindacalmente e umanamente molti ragazzi e ragazze che ha conosciuto nella sua militanza, e li ha sostenuti e incoraggiati a diventare adulti e indipendenti.
Quando al congresso del 2006, per una serie di congiunzioni astrali irripetibili, fui eletto segretario della Filctem, mi disse che tutte le mie preoccupazioni per le cose da fare, per la mia incertezza sulla capacità di corrispondere alla responsabilità che mi era stata affidata, la tranquillizzavano molto ed erano un buon viatico per affrontare il percorso che stavo iniziando.
Il suo sostegno non è mai venuto meno anche quando, al congresso del 2010, ci ritrovammo a sostenere due documenti contrapposti: io il documento “I diritti e il lavoro oltre la crisi” e lei il documento “Per la Cgil che vogliamo”. Un sostegno convinto e sincero che la portava anche a “difendermi” dalle critiche di alcuni compagni che non condividevano la mia scelta; naturalmente lo venni a sapere da altri, perché lei non ne faceva menzione.
Nel tempo ho conosciuto meglio alcuni “nipoti” di Rita, ognuno con la sua storia originale, in cui Rita aveva avuto un ruolo da protagonista anche se lei si comportava sempre da non protagonista. Ognuno di loro mi ha raccontato degli aneddoti che hanno segnato la loro esperienza sindacale in cui il suo sostegno, l’incoraggiamento e l’interessamento fattivo erano stati decisivi.
In Rita ho trovato le caratteristiche che un vecchio compagno della Camera del Lavoro di Imperia mi aveva indicato per definire un dirigente sindacale di qualità: volontà, capacità, generosità e lealtà, alle quali aggiungerei la pazienza e anche la coerenza, oserei dire quasi sentimentale, a una visione politica sempre dalla parte dei più deboli e bisognosi.
Se qualcuno leggendo queste poche righe le troverà poco politico-sindacali e molto sentimental-personali dipende dal fatto che “il motivo per il quale vogliamo bene a qualcuno dipende dalla persona che diventiamo quando siamo in sua compagnia”, e quelli che hanno avuto il privilegio di passare del tempo in compagnia di Rita lo sanno molto bene. Grazie Rita. Un ultimo abbraccio forte forte.