Scrivere di Stefano è davvero difficile. Non solo perché è impossibile pensare che non ci sia più, ma perché è come raccontare un percorso lungo 40 anni, quello del movimento operaio che si fonde alla vita di un uomo e a un’esistenza dedicata all’emancipazione dei lavoratori.
Stefano Zuccherini l’ho conosciuto negli anni ‘80, come il principale esponente della cosiddetta “giovane classe operaia”. Nella zona industriale di Perugia c’erano allora grandi fabbriche, la Sicel, la Ellesse, la Igi e la Tatry - Black&Decker, dove Stefano era operaio, eletto dai lavoratori nel consiglio di fabbrica. Quella sua provenienza non l’ha mai recisa. Ha vissuto tutta la vita come un mandato di rappresentanza di quei lavoratori, una vita di coerenza e impegno che, pur anteponendo l’assoluto disinteresse personale alla carriera, l’ha portato dalla fabbrica a importanti incarichi istituzionali, fino al Senato della Repubblica.
Stefano è stato un dirigente libero e un po’ anarchico. Ma ha avuto sempre quell’obiettivo: dare voce e rappresentanza ai lavoratori. È significativo che benché uscito dalla fabbrica da tantissimi anni, al suo funerale abbiano partecipato numerosi operai della sua fabbrica.
Quando pensi a Stefano Zuccherini vengono in mente le cose più intense che sono state scritte sui rivoluzionari, sui ribelli, sui protagonisti di una grande storia, quella del movimento operaio. Dalla nascita dei consigli di fabbrica alla sinistra sindacale abbiamo costruito “Essere sindacato” in Umbria. E da quella spinta si è affermata una nuova classe dirigente, prima nel sindacato, poi in Rifondazione Comunista.
Un quadro operaio, si diceva, cioè un dirigente che sapeva mantenere le sue radici di classe, unendole a una propria forte crescita culturale. Ricordare le responsabilità che ha assunto è dar conto di un percorso che illustra la storia di una generazione. È stato delegato Tatry, segretario della Camera del Lavoro di Perugia, segretario della Fiom regionale e poi della Cgil regionale, segretario regionale di Rifondazione Comunista e poi in segreteria nazionale, consigliere regionale e poi Senatore della Repubblica, responsabile del lavoro per il partito al fianco del suo amico Fausto Bertinotti.
L’insopprimibile vena anarchica di Stefano ha arricchito il suo modo di interpretare questi incarichi, portati avanti con responsabilità e onore. La vita non gli è stata facile, lo ha colpito nel profondo degli affetti. Avvenimenti terribili, li ha combattuti a pugni nudi e con tanta, tanta dignità. Con quanto dolore non possiamo sapere, perché raramente ne parlava, anche con chi, come me, gli era intimamente amico.
Stefano ha difeso la sua umanità, nel sindacato e in politica. Della narrazione della classe operaia umbra ha fatto racconti, ora drammatici ora comici. Infatti aveva il dono dell’ironia, fino a diventare dissacrante. Sapeva raccontare come in un grande romanzo popolare la sua gente, quella con cui ha vissuto, e per la quale ha lottato tutta la vita. In questi tempi in cui è negato persino abbracciarci, lo vogliamo fare simbolicamente con tutti quelli che hanno camminato con Stefano, per continuare un percorso comune.
Stefano amava la versione dell’Internazionale di Franco Fortini, che ha concluso il suo emozionante e partecipato funerale, quella che fa: l’Internazionale fu vinta e vincerà. Vogliamo ascoltarla insieme per ricordarci cosa continuerà a vivere di Stefano Zuccherini, perché di una vita come la sua resta e resterà più di un ricordo.