La pace è la via. E per le strade di Roma il Partito della pace ha mostrato all'Europa intera la sua forza, disarmata e non violenta. Una manifestazione gigantesca, un oceano di bandiere arcobaleno per dire ai potenti della Terra “cessate il fuoco, e aprite subito i negoziati per evitare nuovi lutti e ulteriori distruzioni”.
Tra chi è sceso in piazza, tanti lo avevano fatto anche nel 2003, quando le proteste di decine di milioni di persone in tutto il pianeta contro la guerra in Iraq avevano fatto scrivere al New York Times che si era manifestata la seconda superpotenza mondiale. Allora i governanti fecero orecchie da mercante, ferendo profondamente, una volta ancora, la democrazia.
Ma il popolo della pace è testardo, ed è tornato massicciamente in piazza perché sa bene che questa volta a incombere c'è addirittura la minaccia nucleare. “Pochi potenti giocano con missili e bombe ignorando le crisi planetarie”, aveva detto Papa Francesco alla vigilia del corteo di sabato. E la Cgil, che della manifestazione è stata uno dei motori, aveva ricordato che la guerra è la principale causa delle crisi alimentari mondiali, ancor più disastrose in Africa e Oriente; incide sul caro-vita, sulle fasce sociali più povere e deboli, e determina scelte nefaste per il clima e la vita del pianeta.
Di fronte alla popolazione ucraina colpita dai bombardamenti, ai profughi e ai rifugiati costretti a fuggire dalla loro case distrutte, di fronte alle migliaia di morti da ambo le parti, chi ha affollato piazza San Giovanni ha gridato che questa guerra va fermata, subito. Condannando l'aggressore russo e rispettando la resistenza ucraina, ma va fermata. Con la volontà politica della pace, portando al negoziato i governi di Kiev e di Mosca. Senza umiliare nessuno dei contendenti, e cercando soluzioni non imposte con la forza ma, come ha sottolineato il pontefice, “concordate, giuste e stabili”. Perché l’umanità e la stessa Terra devono liberarsi dalla guerra.