La battaglia sui diritti delle persone continua - di Massimo Balzarini

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Dopo la “tagliola” al Senato al ddl Zan, non è questo il Paese che vogliamo. 

Sull’esito delle votazioni del ddl Zan si è ormai scritto tutto, ma forse è utile sottolineare alcuni aspetti di quanto avvenuto, anche alla luce dei continui attacchi omofobi, e sulla necessità di proseguire nella battaglia per le persone. In Italia i reati contro le persone lgbt+ aumentano, manca una legge sui matrimoni e sulle adozioni fra persone dello stesso sesso, siamo al 35mo posto fra i 49 paesi dell’Europa e dell’Asia Centrale rispetto alla tutela della comunità lgbt+.

In realtà non siamo nella condizione di poter parlare di persone, senza dover rivendicare una legge che condanni misoginia, omo/lesbo/bi/transfobia. Dobbiamo ancora difendere questi “gruppi e sottogruppi” quasi a dover specificare una categoria di appartenenza.

Non dovrebbe essere necessario avere una specificità nella quale riconoscersi per cercare la propria identità, di genere o di orientamento sessuale, ma forse proprio la costruzione dell’identità, a partire dell’infanzia, dall’adolescenza e lungo tutto il percorso di crescita umana e morale trova la maggiore difficoltà nel nostro paese. Lo stesso percorso di crescita culturale e valoriale che ci deve portare a superare il sessismo e sconfiggere la piaga della violenza sulle donne.

Fra le aggravanti delle discriminazioni è inserita anche la disabilità. Pensare che siamo ancora nella condizione di dover tutelare per legge i soggetti diversamente abili ci restituisce l’immagine di un Paese non in grado di valorizzare le differenze, di trasformare in valore le diverse abilità.

Siamo ben lontani da questo orizzonte, per questo rimane necessaria una legge di tutela che non può prescindere da una crescita culturale complessiva, nella quale la scuola deve svolgere un ruolo determinante. Questo deve continuare ad essere il nostro ruolo, nel nostro rapporto con la società civile, con le donne e uomini, lavoratori e pensionati.

Il percorso di questo disegno di legge si intreccia con il periodo storico nel quale viviamo con una recrudescenza dei fenomeni fascisti, delle normazioni neofasciste che si sceglie colpevolmente di non mettere fuori legge. Si moltiplicano gli attacchi alle sedi sindacali con slogan e invettive a sfondo razzista, omofobo e fascista.

Questo non può essere il nostro Paese, non possiamo abituarci all’idea che la sede nazionale della Cgil sia difesa dall’esercito, che la Camera del Lavoro Metropolitana di Milano sia soggetta a continui attacchi che ci costringono a presidiarla quasi quotidianamente. Non ci sottraiamo a questo ruolo di difesa attiva, ma questo non è il Paese che vogliamo, non è quello che la costituzione ha disegnato. L’attacco alla Cgil è l’attacco alle istituzioni democratiche.

La legge costituzionale è il frutto di battaglie per la democrazia tra forze politiche molto diverse, che avevano rispetto delle istituzioni; che pur nel dissenso delle opinioni sapevano manifestarlo civilmente; che mai avrebbero esultato per il fallimento di una legge che condanna gli atti di violenza e discriminazione. Assistiamo oggi invece allo spiacevole episodio di alcuni parlamentari, che hanno dimostrato di essere beceri sminuendo l’alto valore delle istituzioni.

 

La nostra battaglia non si ferma, non solo nei confronti delle discriminazioni di qualsiasi genere ma nella tutela complessiva delle persone, perché possano affermare la propria identità e appartenenza a un consesso civile e inclusivo.

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