Se stiamo ancora soffrendo la difficoltà, quando non l’impossibilità delle riunioni in presenza, un anno e mezzo di pandemia ci ha fatto familiarizzare con gli strumenti di comunicazione a distanza. Così anche la riunione nazionale delle compagne e dei compagni di Lavoro Società per una Cgil unita e plurale dello Spi, lo scorso 27 maggio, si è svolta in videoconferenza. Se la presenza non è stata al massimo delle possibilità, certamente la riunione è stata intensa e con una gran voglia di partecipare, come dimostrano gli oltre dieci interventi nelle poco più di due ore e mezzo programmate, al netto di introduzione e conclusioni.
Presieduta da Michele Lomonaco, della segreteria dello Spi di Milano, la riunione è stata introdotta da Leopoldo Tartaglia, dello Spi nazionale, che, seppure in maniera sintetica, ha toccato un po’ tutti i punti dei problemi politico-sindacali oggi sul tappeto e del dibattito interno allo Spi e alla Cgil. Era infatti la prima riunione nazionale dopo il congresso di Bari e, paradossalmente, si colloca all’avvio della nuova fase di dibattito interno alla Cgil, con la conferenza d’organizzazione in autunno e il congresso previsto alla scadenza naturale del 2022. La riunione è stata conclusa dall’intervento di Giacinto Botti, referente nazionale confederale di Lavoro Società, mentre la segreteria dello Spi ha fatto sapere che, per i numerosi concomitanti impegni, non poteva portare il proprio contributo al dibattito.
Naturalmente, nell’introduzione, come negli interventi e nelle conclusioni, il tema della pandemia, delle sue cause, delle “fragilità” che ha evidenziato, e delle risposte sociali ed economiche che sta ricevendo, è stato al centro di tutte le valutazioni. A partire dal pesantissimo prezzo, in termini di vite umane e di sofferenze individuali e collettive, pagato dagli anziani, troppo spesso considerati sacrificabili alle esigenze del mercato, in quanto “improduttivi”. E dal disastro della sanità pubblica e della gestione delle case di riposo e della Rsa, conseguenza, oltre che di decisioni scellerate delle Regioni allo scoppio della pandemia, di due decenni di tagli indiscriminati, privatizzazioni, progressivo abbandono della prevenzione e delle strutture territoriali.
Non è possibile sintetizzare in poche righe la ricchezza del dibattito, che ha guardato in modo critico a quanto c’è e a quanto manca nelle risposte che la politica – italiana ed europea – sta fornendo alla crisi economica e sociale che la pandemia ha fatto esplodere, in un contesto già segnato dal persistere dell’arretramento causato dalla crisi globale del 2008-2009. Il Piano di ripresa e resilienza è certo un’occasione, ma, hanno sottolineato molti, prevale la continuità con le politiche del passato invece del necessario cambiamento di modello, più sostenibile sul piano ambientale e sociale.
Luciano Rava dell’Emilia Romagna, Aurora Ferraro delle Marche, Michele Lomonaco, Valerio Marchesi (Milano) e Aida Brusaporco (Vicenza) hanno tutti ripreso il tema della debolezza e frammentarietà del Servizio sanitario nazionale, diversificato per regioni e territori, impoverito e privatizzato. Le risorse dedicate dal Pnrr non sono sufficienti e soprattutto, come ha anche sottolineato Botti, non sono chiare le politiche strutturali e ordinarie di finanziamento della sanità pubblica, soprattutto per la medicina territoriale. Così come è tutto da conquistare l’impegno indicato dal Pnrr per una legge sulla non autosufficienza, rivendicazione storica dello Spi e dei sindacati pensionati.
Tra gli altri temi toccati, su quelle che debbono essere le battaglie di Spi e Cgil in questo periodo cruciale, Azzena (Sunia Varese e Lombardia) ha sollecitato un impegno sul tema del diritto alla casa, Lomonaco ha rilanciato la vertenza confederale sulle pensioni, Amoruso (Milano) ha ricordato l’importanza della lotta antifascista, Tonon (Treviso) ha sottolineato il ruolo della contrattazione sociale, Lia Losa (Firenze) e Ferraro hanno valorizzato l’impegno dei coordinamenti donne.
La discussione ha fortemente intrecciato i temi dei contenuti rivendicativi con le questioni organizzative dello Spi e della Cgil, peraltro in vista della conferenza d’organizzazione, e con il ruolo della sinistra sindacale di Lavoro Società, uscita “penalizzata” dal congresso per la coerente posizione tenuta nel confronto sull’elezione del segretario generale della Cgil.
Il compagno Luigi Antonucci, di Barletta-Andria-Trani, ha confermato quanto già comunicato al compagno Botti: un gruppo di compagni dello Spi, della Filcams, della Filctem del territorio sta preparando un documento e un’iniziativa pubblica di adesione alla nostra aggregazione programmatica. Altri (Rava, Losa, Tonon, Marchesi, Ferraro) hanno tratteggiato la situazione dell’insediamento nei propri territori, e avanzato proposte sia per un rafforzamento dello Spi che per una maggior consolidamento di Lavoro Società. Da tutti la sinistra sindacale organizzata è ritenuta una importante ricchezza per uno Spi e una Cgil uniti e plurali.