Il secondo turno delle elezioni amministrative in Croazia si è svolto il 30 maggio 2021, proprio nel giorno della “Giornata dello Stato” che celebra la costituzione del primo parlamento indipendente (postjugoslavo) nel 1990. Per l’occasione le più alte autorità hanno celebrato la ricorrenza con discorsi patriottici in cui si è ribadita l’alleanza con la chiesa cattolica. Però mentre il cardinale Josip Bozanić ripeteva le sue parole di rito nella cattedrale di Zagabria (“…occorre interrogare la verità sul passato del popolo croato che nel cammino verso la libertà è stato guidato dall’appartenenza a Dio…”), nelle urne della capitale croata si stava compiendo un meritato e previsto miracolo: la coalizione rosso-verde di Možemo (Possiamo), guidata dal 39enne Tomislav Tomašević, ha stravinto al secondo turno con il 63,9% dei voti contro il candidato della destra Miroslav Škoro (Hdz, il partito ultraconservatore del ‘padre della patria’ Franjo Tudjman).
Considerando che a Zagabria vive più di un quarto della popolazione croata, è corretto affermare che una larga fetta dell’elettorato di questo Paese si è affidato a un movimento alternativo, che può essere definito eco-socialista, formato dalla Nuova sinistra della psichiatra Ivana Kekin e da movimenti civici tra cui Zagreb je naš! (Zagabria è nostra). “Per tutta la mia vita ho lottato per questa città, contro decisioni sbagliate fatte da chi l’ha presa in trappola e l’ha usata come un bancomat”, ha dichiarato il neo-primo cittadino Tomašević, riferendosi al padre padrone della città, Milan Bandić.
Quest’ultimo è stato sindaco quasi ininterrottamente per un ventennio ed è morto nel febbraio di quest’anno in seguito a un infarto. Inizialmente di area socialdemocratica ma poi appoggiato anche dall’estrema destra, ha governato coinvolto in mille scandali; nel 2014 è stato anche arrestato e poi liberato su cauzione. Il suo sistema clientelare, centrato sulla Zagrebački Holding, un’azienda pubblica fondata nel 2006 e che conta quasi 8mila dipendenti, sarà duro da scalfire da parte della nuova amministrazione.
È il vecchio mondo dei partiti tradizionali, Partito socialdemocratico (Sdp) e Hdz (quest’ultimo però in misura minore), a uscire sconfitto da questa tornata elettorale: l’Sdp ha conservato la sua roccaforte di Rijeka/Fiume dove il vice-sindaco uscente, Marko Filipović, è stato eletto al posto di Obersnel (sindaco Sdp dal 2000, uomo di profonda cultura antifascista), ma altrove si è dimostrato incapace di differenziarsi dagli altri partiti di centro o addirittura di centro-destra.
Il partito di governo, l’Hdz, pur conservando 15 regioni su 20 e una supremazia in Slavonia e in Dalmazia, ha spesso vinto per il rotto della cuffia. L’unica città importante conquistata da questo partito è stata Osijek. Inoltre si conferma la sua forza nelle aree rurali (teatro di guerre e di drammatici spostamenti di popolazione durante i conflitti degli anni Novanta) e sulla costa, mentre Zagabria e Spalato sono finite nelle mani di neonati movimenti (rosso-verdi nella capitale, indipendenti di centro a Spalato). Zara è rimasta all’Hdz, ma i risultati sottolineano come nell’area zaratina l’egemonia della destra non è più così compatta come un tempo.
Da segnalare anche il caso di Pola, la più grande città istriana, in cui la Dieta Democratica Istriana (Starski demokratski sabor/Dieta Democratica Istriana, Ids-Ddi), dal 1992 partito maggioritario nella penisola e di orientamento regionalista, ha perso Pola, andata all’indipendente Filip Zoričić, e Pisino, dove ha vinto la candidata di Možemo, Suzana Jašić.
La Croazia è in una fase di grave crisi economica: troppo dipendente dal settore turistico, ha chiaramente risentito della pandemia; inoltre l’enorme apparato dello Stato, che impiega il 18% della forza lavoro, si caratterizza per essere una forma di conservazione e di freno allo sviluppo del Paese (nepotismo e ingerenze dei maggiori partiti nella gestione di questo settore).
A partire da un disagio diffuso, Možemo si è imposta a Zagabria ma proverà a radicarsi anche in altre zone del Paese, per evitare l’accerchiamento della capitale da parte delle zone più conservatrici. Una rete di amministrazioni virtuose potrebbe essere la trama di un cambiamento su più larga scala. Che “si possa”, Možemo l’ha dimostrato, a Zagabria e non solo. L’esempio potrebbe diffondersi in tutto il Paese, e forse anche nelle altre nazioni balcaniche.