L’emergenza epidemiologica e sanitaria ha messo in luce tutte le criticità della filiera dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali territoriali, in particolare di quelli rivolti agli anziani, autonomi e non autosufficienti, e alle persone con maggiori fragilità. A fine 2020 quasi un quarto della popolazione residente in Veneto ha più di 65 anni, più di 300mila ultraottantenni, ogni 100 giovani ci sono circa 180 anziani. Da un decennio l’indice di mortalità è più alto di quello di natalità. Oltre 450mila pensionati vivono con meno di mille euro lordi al mese, 8 famiglie su 100 sono in condizioni di povertà relativa. Gli anziani non autosufficienti sono ormai più di 200mila, circa il 20% della popolazione anziana, in crescita con l’incremento dell’età media e dell’aspettativa di vita.
A fronte di una dotazione per anziani non autosufficienti, nelle oltre 300 case di riposo del Veneto, di 31.869 posti letto, le impegnative di residenzialità a carico della Regione per coprire la quota di spesa sanitaria sono invece poco più di 26mila e con un valore economico bloccato da anni, mentre è cresciuta di centinaia di euro la quota alberghiera a carico degli ospiti.
Oggi le Rsa, le case di riposo, ospitano quasi esclusivamente anziani non autosufficienti e con patologie invalidanti con un’età media di 85 anni; sono sensibilmente aumentate le prestazioni di carattere sanitario; spesso ci sono gravi carenze di organici e professionalità specifiche, e strutture vecchie e inadeguate a garantire gli spazi abitativi, sanitari e sociali necessari. Infatti queste strutture si sono trovate totalmente impreparate ad affrontare la pandemia da Covid 19.
Persistono inoltre molte criticità nella filiera dell’assistenza socio-sanitaria, con impatti negativi sulla diffusione e sulla qualità dei servizi e delle prestazioni. Vi sono evidenti ritardi nell’attuazione della programmazione regionale sui percorsi di dimissione protetta e di gestione della transizione ospedale-casa, sul rafforzamento delle strutture distrettuali e dei servizi di assistenza domiciliare, sui processi di aggregazione e integrazione della medicina di base.
È necessario un adeguamento e un potenziamento strutturale dell’assistenza territoriale e domiciliare, dei servizi agli anziani e ai non autosufficienti, per garantire una tempestiva ed efficace risposta alle emergenze e ai vecchi e nuovi bisogni di cura, di assistenza e di socialità di una popolazione con un’età media sempre più elevata e con un tessuto sociale e familiare molto diverso dal passato, rafforzando sia il sistema della residenzialità, sia gli strumenti di incentivazione e facilitazione della domiciliarità.
Cgil Cisl e Uil del Veneto hanno inviato alla Regione un documento-piattaforma per la riorganizzazione e il rafforzamento della filiera, chiedendo l’apertura di un tavolo di confronto specifico. Un rafforzamento irrinunciabile anche per salvaguardare, ripristinare e rendere effettiva quell’integrazione socio-sanitaria che ha caratterizzato positivamente per tanti anni il sistema veneto. Incremento del numero delle impegnative di residenzialità e del loro valore economico, sostenibilità delle rette, modifica e adeguamento degli standard di personale e degli standard strutturali vincolanti anche per le strutture private, riforma delle Ipab, salvaguardando la loro natura pubblica e inserendole organicamente nella filiera dei servizi socio-sanitari territoriali: queste le richieste principali sulla residenzialità.
Piena attivazione di tutte le strutture già previste dal Pssr, dalle Centrali operative territoriali alle strutture intermedie e ai Centri Diurni, incremento del bacino di utenza e del presidio orario delle Usca e dell’assistenza domiciliare integrata, estensione delle Medicine di gruppo integrate, diffusione della telemedicina e della connettività nelle abitazioni, attivazione di spazi di socialità nelle strutture residenziali e nei contesti urbani e dei diversi progetti di invecchiamento attivo: sono queste le richieste sui servizi territoriali.
Come per i servizi sanitari, anche in questi ambiti è determinante un incremento adeguato e stabile degli organici e delle diverse professionalità, un miglioramento delle condizioni normative e contrattuali, e una riprogrammazione dei percorsi formativi. Ed è altrettanto indispensabile garantire in modo omogeneo su tutto il territorio regionale l’accesso a strutture e servizi, con costi sostenibili di compartecipazione a rette e prestazioni.
Serve una visione strategica, rapportata all’evoluzione demografica, sanitaria e sociale, e ridefinire le priorità, rafforzando il ruolo e la gestione pubblica di servizi fondamentali e accrescendo la capacità programmatoria e progettuale per utilizzare pienamente le risorse derivanti dai diversi fondi nazionali, dai fondi di coesione europei, e dall’attivazione delle misure previste dalle diverse ‘missioni’ del Pnrr, incrementandole con risorse proprie del bilancio regionale.