“Quando c’è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo alla roba da mangiare; e non viceversa, come ritiene il volgo: perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l’inverso. – Ma la guerra è finita, – obiettai: e la pensavo finita, come molti in quei mesi di tregua, in un senso molto più universale di quanto si osi pensare oggi. – Guerra è sempre, Primo– rispose memorabilmente Mordo Nahum”.
Queste righe di Primo Levi, tratte da “La Tregua”, da quasi 50 anni mi rimbalzano periodicamente nella testa. Da quando, ragazzino delle medie inferiori, fui stimolato a crescere con l’imprescindibile narrazione di un sopravvissuto ad Auschwitz, grazie a una grande insegnante come Anna Materi Cassano.
Solo pochi mesi fa, ascoltando Liliana Segre nella sua ultima, memorabile lezione pubblica, ho avuto la stessa emozione. Per fortuna il racconto di questa incredibile novantenne con tatuato sul braccio il numero 75.190, anche lei “viva per caso” come Levi, è sempre sui canali Rai. Per capire una volta ancora il dono fatto dalla senatrice a vita non soltanto ai ragazzi e alle ragazze di oggi ma all’intera specie umana, grazie a una testimonianza che non ha prezzo, come non ha prezzo ogni singola esistenza.
“Scegliete sempre la vita - ha insegnato Liliana Segre nella sua infaticabile opera di pedagogia civile - scegliete la vita, che è straordinaria”. E non per caso un suo libro ha per titolo “La memoria rende liberi”. Perché è grazie alla memoria che la ragazzina ebrea, sopravvissuta al campo di sterminio per definizione, ha raccolto e perpetuato la lezione di Primo Levi, e di Mordo Nahum. Contro ogni fascismo, ogni guerra, ogni violenza dell’uomo sull’uomo e sulla natura. Facendo del “Giorno della memoria”, il 27 gennaio anniversario della liberazione di Auschwitz, un giorno che deve durare un anno intero.