I20 gennaio Joseph Biden è stato consacrato 46° Presidente degli Stati Uniti. Quattordici giorni prima, a ridosso della vittoria democratica nei ballotaggi per il Senato in Georgia, gli statunitensi e il mondo hanno visto choccati come estremisti di destra armati hanno invaso il Campidoglio. Brandendo bandiere confederate, gli insorti camminavano baldanzosi tra i suoi austeri saloni e facevano baccano profanando statue e altri simboli della democrazia costituzionale. La scena deve avere ricordato ai popoli del mondo i precedenti sostegni degli Usa a colpi di stato militari e alle risultanti dittature; il Cile nel 1973 ne è stato uno dei più tragici esempi.
Trump ha incitato l’incursione con il discorso incendiario alla sua base del 6 gennaio e con il violento rifiuto del risultato elettorale dal 3 novembre. Ripetutamente ha negato una pacifica transizione. Se non fosse stato per vittorie evidenti sia nel voto popolare (8 milioni in più) che nei collegi elettorali (306 a 232), Trump avrebbe avuto successo a prevaricare abbastanza funzionari statali da sviare la volontà popolare. Gli eroi di questo momento sono le migliaia di giovani e vecchi compagni socialisti, attivisti politici, iscritti ai sindacati, e soprattutto persone di colore, che hanno sfidato il coronavirus e bussato alle porte degli elettori negli Stati chiave – e infine in Georgia.
Il 13 gennaio scorso, Trump è diventato il primo presidente nella storia Usa in stato d’accusa due volte. Con Biden alla Casa Bianca, e i Democratici al controllo del Senato, è possibile che sia processato e condannato “per i suoi crimini e misfatti”, cosa che gli interdirebbe ogni ulteriore carica pubblica. Una condanna di Trump da parte del Senato, e la carcerazione dei suoi complici per questa insurrezione sono essenziali per la difesa del sistema elettorale Usa. Trump potrebbe anche affrontare il carcere per i reati nel suo Stato di residenza di New York.
Nell’epoca di internet e dei social media, la narrazione politica si sposterà rapidamente dai reati di Donald Trump alle sfide di fronte al neo eletto Joe Biden. C’è un ampio consenso sul fatto che il primo punto nell’agenda dev’essere un massiccio intervento federale per affrontare il Covid-19 e fare un lavoro migliore nella diffusione del vaccino.
Molti a sinistra sperano nell’attuazione delle leggi progressiste patrocinate da Bernie Sanders: Medicare per tutti, Green New Deal e la legge per il diritto di organizzazione sindacale (Pro act). Però, anche se Biden condividesse queste proposte, il margine del Partito democratico sia alla Camera che al Senato è così scarso che la maggior parte dell’agenda progressista è probabilmente fuori portata. Il mondo del lavoro e la sinistra devono avere una visione più lunga. Invece di aspettarsi che queste riforme progressite avvengano nei primi cento giorni o anche nei primi due anni, il movimento deve puntare a vincere le elezioni di medio termine del 2022. Qui è quando i Democratici avranno la potenzialità di rafforzare il loro stretto margine sia alla Camera che al Senato, e quindi sperare realisticamente di far passare le misure sostenute dal senatore Sanders e dalla deputata Alexandra Occasio Cortez.
Cosa può sperare di attuare Biden nei suoi primi due anni? Se il mondo del lavoro e la sinistra spingono con forza, ci sono due strade fruttuose per il neo presidente. Usando il suo potere di ordini esecutivi può condonare la maggior parte del debito studentesco per 49 milioni di americani e dare mandato che gli appalti governativi paghino un salario minimo orario di 15 dollari e non ostacolino la sindacalizzazione. Queste due misure avrebbero un impatto immediato su milioni di lavoratori e aiuterebbero a costruire una più vasta base progressista per le elezioni del 2022.
Sul fronte legislativo, Biden può ancora essere in grado di trovare una maggioranza per due importanti leggi. Prima c’è l’assegno di 2.000 dollari di stimolo a persona, che langue in Senato dal 2020 sabotato dall’allora capo della maggioranza Mitch McConnell. Ma, la più importante da far passare è la “legge sulle infrastrutture” di 1.400 miliardi di dollari per costruire strade, ponti, ferrovie, scuole e ospedali. Trump ha promesso qualcosa di simile con grandi fanfare durante la sua prima campagna elettorale, conquistando molto sostegno tra i lavoratori delle costruzioni. Ma ha tradito le sue promesse – eccetto che per la costruzione del suo muro di 400 miglia al confine con il Messico.
Il miglioramento delle infrastrutture di trasporto, istruzione, e sanità pubblica è agognato da lungo tempo negli Usa. Massicci progetti di lavori pubblici simili al New Deal di Roosevelt potrebbero creare milioni di lavori ben pagati e sindacalizzati. Fare questo sposterebbe una grande quota di classe operaia economicamente depressa che ha votato per Trump nel 2016 e ancora nel 2020. Questo è quello che dev’essere fatto per rafforzare le prospettive elettorali dei Democratici andando verso il 2022. Come si dice, “abbiamo schivato una pallottola” nel 2020, ora comincia il vero lavoro.