Forte dei Marmi, le case al mare al tempo del Covid - di Frida Nacinovich

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Magari a Forte dei Marmi ci sono abituati ad avere turisti tutto l’anno, e non solo nei tre, quattro mesi estivi. Ma certo la pandemia, fra i suoi tanti effetti collaterali, ha cambiato anche i costumi di migliaia di famiglie che al Forte, come lo chiamano da queste parti, hanno la casa al mare. ‘Roba da ricchi’, ricordando una commedia all’italiana degli anni ottanta di Sergio Corbucci, e tanti altri film ambientati nella perla della Versilia, ‘Sapore di mare’ in primis.

Così, alla vigilia del lockdown della primavera scorsa, dalle Regioni più colpite dal virus (Lombardia in testa) si sono rifugiate in Toscana frotte di persone. Una dinamica che si sta ripetendo in questo autunno, complice la seconda ondata del virus, e che ha portato il neopresidente toscano Eugenio Giani ad emanare un’ordinanza restrittiva: solo chi ha il medico di famiglia in zona può trasferirsi a Forte dei Marmi, Pietrasanta, Camaiore e Viareggio. Insomma su tutto il litorale versiliese.

In un comune di soli 7.500 residenti stabili, va da sé che un aumento della popolazione, stimato in più del 100%, impatti sui servizi comunali. Perché, se è vero che le seconde case sono una benedizione per le casse municipali, è altrettanto vero che gli uffici comunali devono far fronte alle esigenze di tutti. Paola Freschi è dipendente del Comune di Forte dei Marmi da quattro anni, si occupa del sociale. “Sono arrivata qui nel 2016. Prima lavoravo alla Provincia di Massa Carrara. Dove, puoi bene immaginare, abbiamo avuto problemi di ogni genere quando il governo Renzi decise di smantellare questi enti”.

Le Apuane alle spalle, il mare davanti, il Forte è un piccolo paradiso, rifugio ideale soprattutto per chi ha tanti soldi, ma anche un paese con molti anziani. “Nei giorni peggiori della pandemia - ricorda - abbiamo lavorato per assicurare ai nostri concittadini gli aiuti necessari. Fortunatamente un comune ricco ha margini di manovra per rispondere ai bisogni, caso raro di questi tempi”.

Sindacalista battagliera, eletta nella Rsu come delegata della Funzione pubblica Cgil, Freschi ancora non si dà pace sul fatto che un eventuale contagio non sia equiparabile a un infortunio sul lavoro. “I medici di famiglia non hanno disposizioni in merito - spiega - ci possono essere quarantene, lavoro a distanza se il municipio di turno si è attrezzato, e altri accorgimenti per parare il colpo della pandemia. Ma non si pensa a qualificare come infortunio un contagio avvenuto facendo un sopralluogo in una scuola, come è effettivamente accaduto, o svolgendo comunque mansioni a contatto con il pubblico”.

I 134 dipendenti del comune fortemarmino non sono ancora in smart working, si lavora con mascherina e dispositivi di protezione individuale ma in presenza. “È un problema, perché il Covid-19 è un virus molto contagioso. E se qualcuno di noi si ammalasse diventerebbe impossibile continuare ad assicurare i servizi ai cittadini”. Il sindaco Bruno Marzi, cardiochirurgo infantile per una vita, prima di vincere le elezioni a capo di una votatissima lista civica (area centrosinistra), non passa inosservato. Già celebre un faccia a faccia con il conduttore televisivo di Rete4 Nicola Porro, con Marzi pronto a confutare scientificamente le improvvide affermazioni dell’anchorman, che nell’occasione non fece una bella figura. Un primo cittadino tutto pepe, con cui non è facile confrontarsi. “Ma non è solo colpa del carattere del sindaco - riflette Freschi - dietro c’è anche una sorta di eclissi della politica, incapace di fermare la proliferazione di liste civiche che finiscono per esaltare i personalismi dei singoli eletti”.

In un piccolo centro il ruolo del dipendente comunale è anche e soprattutto quello di tenere vivo il rapporto con i cittadini. “Specialmente i più anziani, i pensionati, hanno piacere nel venire a trovarci, non solo per il problema di turno ma anche per scambiare due parole”. Con i sui 51 anni di età, Paola Freschi fa paradossalmente parte dei dipendenti più giovani. “Colpa del blocco del turnover deciso dall’ultimo governo Berlusconi con la legge Brunetta - sottolinea - troppo poche assunzioni. Sotto sotto va avanti la campagna denigratoria contro i dipendenti pubblici”.

Se il precariato è un tributo da pagare in questi anni, sciagurati, di politiche del lavoro folli, Freschi i suoi debiti li ha saldati tutti: assunta nella pubblica amministrazione nel 2009, in precedenza è stata cococo, cocopro, ecc, ecc. “Sarà un’ovvietà - tira le somme - ma davvero la sicurezza che ti dà un posto di lavoro a tempo indeterminato è qualcosa che non ha prezzo”. Proprio per i suoi trascorsi, Freschi soffre l’uso e l’abuso degli appalti da parte dei municipi. “Si finisce per avere, nello stesso settore, lavoratori di serie A e di serie B. Quelli ‘interni’ più tutelati e quelli in appalto più sfruttati. Invece a parità di lavoro ci deve essere parità di salario, dobbiamo unire le lotte”. 

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