Una netta maggioranza del 54% di votanti ha approvato la riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari arrecando un grave vulnus alla rappresentanza democratica e conseguenze oggi non immaginabili sul sistema politico.
Lo sapevamo, era una battaglia, culturale, valoriale e politica difficile. Per questo riteniamo che il 30% di NO sia un successo politico non scontato sino a poche settimane fa. Insieme a altre associazioni e movimenti come, Anpi, Arci, Libera, Lavoro Società ha deciso di stare in campo. Abbiamo imposto un confronto di merito, abbiamo seminato per il futuro perché, ne siamo convinti, ci sono battaglie politiche in difesa della democrazia e della Costituzione che vanno sempre fatte, a prescindere dal sentire popolare e dalle possibilità di vittoria. Un gruppo dirigente dovrebbe avere per sua natura un ruolo di indirizzo e di scelta. Noi, come aggregazione della sinistra sindacale Cgil, abbiamo condotto la nostra battaglia e continuiamo a pensare che la scelta della Cgil di non dare indicazione di voto sia stato un errore che segna una svolta.
Sentiamo populisti e governisti rivendicare la vittoria a scapito della nostra democrazia, rimuovendo il danno valoriate, culturale e politico costituito dal taglio della rappresentanza. Ci sarà tempo per verificare le gravi conseguenze sul sistema istituzionale dell’errore di subalternità fatto dalla sinistra di governo, come è avvenuto con la riforma del titolo V del 2001.
Sappiamo che non tutti i Sì corrispondono alla ventata populista dei promotori della legge, i 5Stelle, che propagandano una improbabile democrazia “diretta” basata sul web, i social e la piattaforma Rousseau (di proprietà e controllo di un’azienda privata). Ma al di là dei tatticismi e del politicismo di chi abbia votato sì per “difendere il governo”, resta innegabile che questo risultato ha una forte caratteristica populista e “anticasta”, che gonfia le vele di una destra nazionalista, fascista e razzista che mira al presidenzialismo e a una nuova ondata maggioritaria.
Del resto, a partire da moltissimi costituzionalisti, si era messo in guardia dal tragico errore di scambiare il patto di governo con l’assenso al taglio dei parlamentari e alla promessa di una nuova legge elettorale, tanto necessaria, quanto lontana e comunque non in grado di “emendare” lo strappo alla Costituzione e alla rappresentanza.
Una sconfitta amara per la democrazia del nostro Paese e per quegli stessi partiti che – quasi tutti – hanno alla fine votato la legge e si sono ufficialmente schierati per il Sì, al di là delle furbate tattiche antigovernative della destra salvinian-meloniana.
Partiti che escono confermati, ma anche smentiti dal voto nella misura in cui oltre il 30% ha votato NO. In gran parte donne e uomini del popolo democratico, di sinistra e antifascista che hanno condotto con coerenza e quasi senza “sponde politiche” una battaglia per la democrazia e la difesa delle istituzioni democratiche.
Il popolo del NO, in continuità con il rifiuto delle riforme costituzionali del 2006 (Berlusconi) e 2016 (Renzi), costituisce una fondamentale riserva democratica da organizzare e mobilitare per conquistare dal basso le riforme istituzionali davvero necessarie. Occorre ribaltare la ormai tentennale prevalenza della “governabilità” sulla rappresentanza, ritornare ad un sistema elettorale proporzionale senza soglie di sbarramento per garantire l’uguaglianza del voto di ogni cittadino, superare il bicameralismo perfetto, rimettere mano alle troppo vaste autonomie regionali, a partire dal no definitivo ad ogni secessione mascherata da “autonomia differenziata.
Dispiace che la Cgil abbia commesso l’errore di non essere coerente con il netto giudizio negativo di merito e non abbia sostenuto, nella sua autonomia, il fronte del No della società civile e dell’associazionismo. L’arretramento della rappresentanza democratica sancito dal voto influirà negativamente anche sulla capacità di lavoratori e sindacati di pesare sulle scelte politico-istituzionali.
Ci impegneremo, come sempre, perché si recuperi il terreno perduto e la Cgil faccia pesare tutta la sua forza e la sua rappresentanza – che va ulteriormente ampliata – per rafforzare lo schieramento in difesa della democrazia, del lavoro, dei diritti. Se vogliamo conquistare una legge sulla rappresentanza sindacale che ponga fine a contratti pirata e sindacati di comodo e un nuovo Statuto dei Diritti del lavoro, la ri-costruzione di alleanze sociali e rapporti di forza progressisti non può che essere al centro di una forte e coerente iniziativa della Cgil, di mobilitazione sociale e culturale contro la restaurazione sociale che molti vorrebbero imporre, a partire da Confindustria. Indissolubilmente intrecciata alla lotta contro le diseguaglianze e per un piano di sviluppo sostenibile che disegni un’economia e una società davvero alternative e diverse da prima e da oggi.