Nel mondo dello spettacolo vivono forme di lavoro intermittente e precario che soffrono di una mancanza di strumenti sufficienti di protezione e previdenza.
C’è un settore che è stato colpito dalla pandemia del Covid di cui si parla poco: il mondo dello spettacolo. Eppure il mondo dell’intrattenimento è stato il primo a fermarsi e sarà uno degli ultimi a ripartire. Nei confronti di questa realtà c’è stata purtroppo una certa superficialità nell’affrontare una crisi di un settore che qualcuno forse credeva essere marginale. Ci ricordiamo l’infelice battuta del presidente del Consiglio sui “nostri amici che ci fanno tanto divertire”, mentre invece stiamo parlando di un settore che incide per il 6,8% sulle attività economiche del Paese, per un totale di 96 miliardi di euro nel 2019.
Si stima che i lavoratori colpiti dalla crisi siano oltre 380mila, con conseguenze pesanti perché, a differenza di molti altri settori, non ha margini di recupero e registra il tasso di maggior lentezza nella ripresa. Ma c’è di più. Perché questo settore nel suo complesso vede intrecciarsi spesso passione, arte e professionalità con un tasso di varie forme di precarietà e bassi salari, che a fronte di una crisi sistemica come questa compongono una miscela micidiale.
Nel mondo dello spettacolo vivono forme di lavoro intermittente e precario che spesso, anche nella attività normale, soffrono di una mancanza di strumenti di protezione e previdenza sufficienti, figuriamoci a fronte di una crisi di questo tipo. La Cgil attraverso la Slc si è da subito attivata ai tavoli nazionale e regionali per studiare forme di intervento a difesa delle lavoratrici e lavoratori, con l’obiettivo di dare una protezione dignitosa per tutti, ed ha incrociato in questa lotta molti comitati ed associazioni di attori e lavoratori dello spettacolo.
Subito a livello locale si sono attivati tavoli per studiare le condizioni per una rapida ripartenza del settore, in sicurezza per i lavoratori e per gli spettatori, mentre si cercava di tessere una rete che riuscisse, con i vari strumenti a disposizione, dal Fis alla cassa integrazione fino al bonus dei 600 euro, a coprire un mondo del lavoro variegato e debole.
Urge però un ripensamento complessivo delle regole contrattuali e previdenziali per questo settore, che con il Covid ha evidenziato le sue lacune, a partire da una copertura più organica della Naspi e degli ammortizzatori sociali per gli intermittenti. Ma anche una serie di provvedimenti ad hoc per le imprese minori del settore, che rischiano di non riaprire alla fine della pandemia.
Un settore come quello dello spettacolo, intimamente intrecciato con la produzione culturale ma anche con il settore turistico, che vede protagonisti tante e tanti giovani appassionati lavoratori, deve essere un punto preciso di impegno della politica per il rilancio del dopo crisi. Cogliendo occasione proprio dall’evidenziarsi delle sue debolezze per mettere mano complessivamente a un suo riordino, che metta al centro la qualità del lavoro e un modo nuovo di fare impresa.