Fu nel 2018 che la Guardia di finanza di Locri bussò alla porta di Domenico Lucano, sindaco di Riace, per consegnargli l’ordinanza di custodia cautelare su ordine del gip del tribunale locrese, che disponeva gli arresti domiciliari per lui e il divieto di dimora per la sua compagna, Tesfahun Lemlem, con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
Le ragioni della misura cautelare - dopo indagini della procura di Locri sulla gestione dei finanziamenti erogati al Comune di Riace dal ministero dell’Interno e dalla prefettura - derivavano dall’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico. Secondo l’accusa, Lucano e Tesfahun avevano “architettato delle attività illegali, volte ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso e il soggiorno in Italia”.
“Non siamo gente da giustizia amministrata in tribunale, noi lavoravamo per la giustizia e ci hanno boicottati, insultati, e hanno disperso il nostro lavoro. Di cosa dovremmo essere contenti?”. Reagisce così Mimmo Lucano alla notizia che il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Viminale contrario alla sentenza del Tar di Reggio Calabria che aveva dichiarato illegittima la chiusura del Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) di Riace da parte del ministero dell’Interno, a ottobre del 2018, in carica Matteo Salvini.
Come può essere soddisfatto di questa sentenza riparativa oggi Lucano con i suoi compagni, pensando che tutto lo Sprar - al quale era già stato ridotto il finanziamento nei due anni precedenti - fu fermato, con accuse che andavano dalla concussione alla malversazione, dalla truffa alla falsificazione di documenti? Tutto il lavoro di riconversione economica ed ecologica di Riace, di accoglienza e di nuova occupazione, è andato in fumo. Alle elezioni comunali indette subito dopo, il paese, disorientato e impaurito, ha eletto un sindaco della Lega.
Era un lavoro iniziato nel 1998, con l’accoglienza dei profughi curdi e siriani arrivati a bordo di un vecchio veliero, proseguito nel 2001 con l’istituzione di uno dei primi Sprar. “Un sogno - ricorda Mimmo - che vedeva i profughi non assistiti ma inseriti”. Non fu un esperimento isolato, perché mentre tante reti lottavano contro lo sfruttamento dei lavoratori stagionali dell’agricoltura, che venivano uccisi se si ribellavano (da Jerry Maslo nel 1989 in poi), altre esperienze virtuose nascevano nei territori.
La risposta dello Stato fu la legge Bossi-Fini nel 2002, che con la sanatoria regolamentava i “permessi di soggiorno” per le braccia che servivano al lavoro e non per le persone che volevano diventare italiane lavorando e dando alla luce figli in Italia.
Leggiamo i due capi di accusa personali che Lucano dovrà affrontare il 3 luglio 2020. Il primo è un giudizio per la concessione di carte d’identità ad una madre eritrea e a suo figlio per esigenze sanitarie. Siamo in presenza di leggi dello Stato, approvate col contributo di donne che le hanno costruite basandosi sulle loro esperienze (Osservatorio Disuguaglianze), per cui gli stranieri temporaneamente presenti sul suolo italiano (Stp) hanno diritto all’assistenza sanitaria pubblica. È credibile individuare un reato nella concessione di carta d’identità, quando esistono tesserini sanitari temporanei?
L’altra accusa è l’affidamento diretto di appalti per la raccolta porta a porta e il trasporto dei rifiuti alle cooperative Eco-Riace e L’Arcobaleno dall’ottobre 2012 fino all’aprile 2016, senza che fosse indetta una gara d’appalto e senza che le due cooperative fossero iscritte nell’albo regionale. In tempi di smantellamento della sanità pubblica e della pubblica istruzione, dare lavoro e costruire una convivenza democratica ha costituito evidentemente un pericoloso precedente.
Tutta l’opera di Mimmo Lucano è stata diretta a combattere la distribuzione diseguale della ricchezza. Seguace di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978 a Cinisi, anche lui di Democrazia Proletaria, forza politica che cercava di unire un rinnovato marxismo ai sentimenti cattolici di base, tanto importanti da praticare nel meridione. Lucano era emigrato, ed ora era tornato a vivere nella sua terra. Soffriva lo spopolamento di Riace come di altri borghi, ed iniziò ad occupare i richiedenti asilo, sostituire la povertà e la mancanza di denaro liquido con un sistema fondato su servizi ripagati con beni e servizi. Comodato d’uso per le case abbandonate e recuperate con nuovi colori del vecchio abitato, i soldi dei progetti di accoglienza usati per borse lavoro, e per attività commerciali gestite dagli stessi richiedenti asilo, insieme ai locali.
Ora Domenico Lucano ed i suoi compagni, governati da un sindaco ineleggibile, potranno riprendere il cammino interrotto? Sapranno le seconde generazioni, impegnate per il loro sacrosanto diritto alla cittadinanza, cogliere in queste esperienze un terreno del quale nutrirsi? Nessuna esperienza è a se stante, tutto si deve tenere. Mimmo, ricominciamo anche da te.