Questa emergenza sanitaria è avvenuta nel pieno di un’emergenza climatica e di una rivoluzione tecnologica. Questi tre elementi, lo capisce chiunque, ci impongono di riprogettare il modello di sviluppo, restituendo un significato e un senso al lavoro e alla qualità della vita delle persone”. Intervistato dal quotidiano di casa Agnelli “La Stampa” all’indomani della firma del nuovo Protocollo in vista delle riaperture del 4 maggio, Maurizio Landini guarda ai tanti problemi della crisi ai tempi della pandemia. Con una chiave di lettura che guarda anche alle opportunità per un necessario, salutare cambiamento.
“Chiunque sia intellettualmente onesto – osserva ad esempio il segretario della Cgil - non può non vedere che l’emergenza virus ha fatto emergere tutti i limiti del modello di sviluppo che ha dominato in questi anni, con al centro il mercato senza regole, il profitto e il consumo fine a sé stesso. Un modello che ha determinato un livello di diseguaglianza senza precedenti, e attraverso i tagli al sistema sanitario ha messo in pericolo tutti noi. Pensare che la soluzione per uscire dall’emergenza sia ripetere gli errori che ci hanno portato in questa situazione è inaccettabile”.
Dunque occorre progettare il futuro, mettendo alcuni punti fermi come uscire dalla logica dell’austerità, e riflettendo sulla nefasta divisione di un lavoro sempre più “atomizzato” e fonte di sperequazioni. Non solo all’interno delle filiere produttive e dei servizi ma anche dentro le singole aziende, a partire dai diversi contratti fra i “vecchi” e i “giovani” assunti, per finire con gli appalti e i subappalti che finiscono per svilire quotidianamente il valore del lavoro: “L’emergenza ha dimostrato quanto sia grave l’assenza di un sistema di ammortizzatori sociali uguali per tutti – segnala così Landini - sono troppi, sono differenti, e bisogna unificarli. Così come bisogna unificare il lavoro, cancellando la precarietà.