Non c’è niente da fare. Malgrado tutto Bolsonaro regge. Non sono bastati il recente incontro tra Papa Francesco e l’ex presidente Lula, uscito dal carcere dopo l’emergere delle scandalose vicende che avevano rivelato il complotto contro l’ex capo dello Stato, organizzato dal magistrato Sergio Moro, ministro in carica della giustizia dell’attuale presidente. Bolsonaro torna a volare nei sondaggi, dal 27 al 33%, anche se si tratta del livello più basso per via della sua gestione dell’emergenza epidemica, e il Partito dei lavoratori è solo al 17%. Se a questo aggiungiamo che il presidente negazionista nei confronti del dramma del coronavirus è stato definito dal Washington Post il peggiore nel mondo nel contrastare l’epidemia, tanto da suscitare preoccupazioni negli stessi militari brasiliani, lo sconforto per la sinistra è totale, visto che non riesce a farsi strada in questo contesto favorevole. Altro elemento a sfavore del capo dello Stato, le dimissioni del ministro della sanità Luiz Enrique Mandetta, arresosi di fronte alla follia del presidente e tuttavia molto popolare nel paese.
Ma andiamo con ordine nel ricostruire le ultime vicende del paese più grande dell’America Latina. L’ex presidente Lula, storico leader della Cut, il più grande e potente sindacato brasiliano, è stato alla guida del paese dal gennaio 2003 fino al gennaio 2011. Il suo posto è stato successivamente preso dalla sua compagna di partito Dilma Roussef, destituita con accuse di corruzione molto discutibili. Come già detto, Lula subì un trattamento giudiziario che, senza tema di smentita, può essere considerato un vero e proprio colpo di Stato, impedendogli di partecipare alle elezioni del 2018 che avrebbe probabilmente vinto. Poi il “caso Moro” ha consentito la scarcerazione dell’ex capo dello Stato, dopo 580 giorni di prigionia.
Lula è stato vittima del cosiddetto lawfare, l’uso del diritto come strumento di persecuzione politica e di sovvertimento dello stato di diritto. Insomma una sorta di “golpe” legalizzato che mina i diritti sociali e politici. Un quadro già assai chiaro a Papa Francesco se nel maggio 2018, nel corso di una omelia, disse che “i media incominciano a sparlare della gente, dei dirigenti e, con la calunnia, la diffamazione, li sporcano. Poi entra la giustizia, li condanna e, alla fine, si fa il colpo di stato”.
Qui, voltando pagina, vediamo le difficoltà che Lula e il Pt stanno affrontando malgrado tutto. Le ragioni sono tante. In primo luogo, la preoccupante assenza del leader della sinistra brasiliana nelle piazze e tra la gente, cioè nei suoi luoghi più naturali, privilegiando invece la rete. Oltre ad essere maggiormente attento alle prossime elezioni municipali di autunno. Questo approccio non consente a Lula e al suo partito di approfittare del ridicolo atteggiamento di Bolsonaro nei confronti dell’epidemia da coronavirus.
Il presidente aveva pubblicato delle foto che lo ritraevano mentre abbracciava persone contravvenendo alle indicazioni dell’Oms. Tanto da suscitare un malcontento da parte dei militari. La notizia è stata poi ridimensionata in virtù di una correzione di rotta di Bolsonaro, molto parziale e ondivaga, nei riguardi dell’epidemia, ma l’ipotesi è ancora dietro l’angolo e riguarderebbe la nascita di una giunta militare. Il potere potrebbe andare nelle mani del generale Walter Souza Braga Neto, come si evince dal documento del 31 marzo firmato dal ministro della difesa e dai tre comandanti militari che fanno parte del governo. Aggiungiamo l’insofferenza di 26 governatori su 28, preoccupati del possibile disastro umanitario che si potrebbe verificare in assenza di misure restrittive. A rendere più critico il quadro vi è l’iniziativa di Abjd, l’Associazione dei giuristi brasiliani per la democrazia, che ha denunciato Bolsonaro al Tribunale dell’Aja per “crimini di lesa umanità derivati da un atteggiamento irresponsabile in merito alla pandemia”.
Pur ampiamente sottostimati, al 20 aprile i dati del Brasile erano questi: 1.222 nuovi casi di coronavirus in un solo giorno, portando il numero dei contagiati a oltre 10mila; confermati altri 73 decessi, facendo salire il bilancio delle vittime a 432. A renderlo noto il ministero della salute, secondo il quale il numero di casi positivi di Covid-19 aveva raggiunto la cifra di 10.278. Il Brasile si conferma così come il paese latinoamericano attualmente più colpito dalla pandemia. A tutto ciò si aggiunge la crisi dell’economia brasiliana, che potrebbe dare il colpo di grazia al paese. Con scenari imprevedibili che rischiano, probabilmente, di non vedere la sinistra protagonista.