Il 15 febbraio scorso migliaia di persone hanno sfilato a Roma in occasione del 21° anniversario dell’arresto di Abdullah Öcalan, leader del popolo curdo e fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, per chiedere la sua liberazione e con lui delle di migliaia di prigioniere e prigionieri politici in Turchia.
Dopo la sua espulsione dalla Siria nell’ottobre del 1998, Öcalan iniziò un’odissea che lo portò anche Italia, da dove fu poi “invitato” a lasciare dal governo dell’epoca. Questo “invito” venne fatto su pressioni sia internazionali sia della Confindustria, preoccupata di tutelare gli interessi commerciali dei propri associati in Turchia. Non va infatti dimenticato che l’Italia è il secondo partner commerciale europeo della Turchia, subito dopo la Germania, e che questi interessi non riguardano solo nocciole e settore edilizio, ma soprattutto quello delle armi, dove spicca il ruolo di Leonardo-Finmeccanica, azienda partecipata dallo Stato.
Va qui ricordato che, dopo i roboanti annunci di interruzione della vendita di armi alla Turchia fatti dal governo italiano a seguito dell’invasione del 9 ottobre 2019 in Siria del nord-Rojava, del corrispondente decreto non si sono più avute notizie.
Da ben 21 anni Öcalan si trova in isolamento sull’isola carcere di Imrali, dove per 11 anni è stato l’unico prigioniero sorvegliato da migliaia di soldati. Da alcuni anni insieme a lui, nelle stesse condizioni di isolamento lesive dei diritti umani e della legalità internazionale, sono reclusi altri tre prigionieri del Pkk.
Nel periodo dal maggio all’agosto del 2019, a seguito di uno sciopero della fame durato due mesi e iniziato dalla deputata del Partito Democratico dei Popoli (Hdp) Leyla Güven, ancora in carcere quando iniziò la sua campagna, e al quale parteciparono migliaia di attivisti e attiviste e prigioniere e prigionieri politici in Turchia, in Kurdistan e a livello internazionale, per un breve periodo è stato possibile rompere questo isolamento totale, e si sono svolti alcuni incontri tra Öcalan e i suoi avvocati e familiari e degli altri prigionieri con le loro famiglie (i loro legali non li hanno mai incontrati dal trasferimento sull’isola).
Da allora, per la precisione dal 12 agosto 2019, di Öcalan e degli altri prigionieri non ci sono più segni di vita.
L’unico ente che ha la possibilità di ispezionare tutte le strutture detentive dei paesi appartenenti al Consiglio d’Europa (di cui fa parte anche la Turchia), è il Comitato per la Prevenzione della Tortura (Cpt). A seguito della pressione esercitata dallo sciopero della fame di massa, il Cpt si è recato a Imrali, ma non ha ancora reso pubblici i risultati dell’ispezione. La pubblicazione del rapporto precedente è avvenuta solo a due anni dalla vista a Imrali...
Chiedere la liberazione di Abdullah Öcalan non significa solo chiedere che venga messa fine a una condizione di tortura e violazione dei diritti umani e del diritto internazionale per una singola persona. Significa rivendicare i diritti di un uomo che, seppur tardivamente e solo dopo la partenza dall’Italia e il successivo arresto, qui gode dello status di rifugiato. Per questo manifestare in Italia significa richiamare il governo italiano alle sue precise responsabilità.
Abdullah Öcalan oltre a essere un intellettuale e filosofo, è l’ideologo che ha ispirato il confederalismo democratico, ideologia su cui si basa l’amministrazione autonoma Rojava e le cui idee di pace, democrazia, ecologia e liberazione delle donne costituiscono una prospettiva concreta di pace, democrazia e convivenza in tutta l’area del Medio Oriente.
Il fatto che Öcalan abbia un ruolo chiave per la pace è diventato chiaro ancora una volta dalle dichiarazioni fatte nei pochi incontri con gli avvocati, in cui Öcalan ha confermato nuovamente la disponibilità alla ripresa di negoziati di pace, dopo che l’ultima tornata negoziale nel 2015 era stata interrotta unilateralmente dal governo di Erdogan, che infuriato per la perdita della maggioranza assoluta in Parlamento a seguito del un successo dell’Hdp nelle elezioni con il superamento dell’antidemocratica soglia del 10%, diede poi luogo nell’inverno 2015/16 anche a una spietata guerra nei territori curdi della Turchia.
La rottura dell’isolamento di Abdullah Öcalan, l’applicazione delle cosiddette Regole Mandela e la sua definitiva liberazione sono quindi una priorità per chi ha a cuore la pace in Medio Oriente. Come diceva Nelson Mandela, solo gli uomini liberi possono trattare.