Una giovane democrazia nell’incertezza, finalmente in marcia con i giovani... la lotta continua
Su sette milioni di iscritti, 4 milioni di elettori tunisini sono andati a votare per le elezioni legislative fra 1.592 liste, di cui 642 indipendenti, 200 in più del 2014, traducendo così il coinvolgimento importante e maggiore della società civile nell’impegno politico, essendo cadute in disgrazia di fronte all’elettorato le liste dei dieci partiti politici. In tutto 15mila candidati hanno concorso in 33 circoscrizioni elettorali per 217 seggi al parlamento.
E dei 26 candidati alle elezioni presidenziali – svoltesi a breve distanza - solo due sono rimasti alla fine del primo turno e dopo tre dibattiti televisivi. I sondaggi già mostravano i due candidati accomunati dalla nozione di “anti-sistema” e il fervore popolare del secondo turno delle presidenziali, che, sorpresa travolgente, ha fatto vincere con il 72% il candidato Kaies Saied, costituzionalista, conservatore, acclamato dai giovani, e che riflette il desiderio di cambiamento nei termini scrupolosi della legge e della Costituzione.
Il secondo candidato, Nabil Karoui, anche se dato vincente dai sondaggi, è stato battuto ricevendo solo il 27% dei voti. Gli elettori non volevano un Berlusconi tunisino con un passato di molteplici voltafaccia.
Ma è stata purtroppo una campagna elettorale disincantata, indebolita da intralci che avrebbero potuto essere evitati: irregolarità, violenza perpetrata sui candidati, manovre illegali da parte di alcuni capi di certe liste e talvolta anche degli stessi organi che gestiscono il processo elettorale, come nei seggi all’estero, con uffici troppo lontani, cambi di indirizzo del seggio il giorno prima delle elezioni, e altre difficoltà.
D’altro canto, la maggior parte dei contendenti alle elezioni ha agito in modo particolarmente centrato sui propri interessi e sulle proprie piccole ambizioni.
Il fallimento di successivi governi, impastoiati in affari, corruzione, privatizzazione dello Stato, avrebbe potuto dare a queste elezioni un’eccezionale opportunità per aprire la strada alla creazione di un governo di salute pubblica della maggioranza repubblicana in Parlamento. Ma, il partito islamista e i suoi cloni, pur indeboliti in termini elettorali perché responsabili della bancarotta dei governi successivi al 2011, nella sorpresa generale e grazie agli astensionisti e alla dispersione dei voti, sono riusciti ad arrivare alla maggioranza del nuovo Parlamento con meno di 600mila voti.
La sinistra è stata chiaramente decimata. Dopo il disastro del primo turno delle presidenziali, sono arrivati i tristi risultati delle elezioni legislative. Tutta la sinistra oggi è screditata dalle urne: i radicali, i moderati e persino i pragmatici. Una sinistra devastata, sanzionata dai suoi stessi elettori che si sono rivolti altrove.
La classe politica tunisina è riuscita a fallire su tutti i fronti nello spazio di una sola legislatura rivelandosi incapace di miglioramenti sia economici che sociali, abbandonando le regioni più marginalizzate, che sono state all’origine della rivoluzione, con la loro rivolta popolare. Questa classe politica aveva avuto otto anni per mostrare altri modi di lavorare, di essere efficiente e pratica. Gli elettori e le elettrici hanno sanzionato col voto la sua inettitudine.
Kaies Saied è appena stato eletto presidente della repubblica tunisina. Possiamo solo prenderne atto. Un candidato riluttante a chiarire le sue intenzioni, nonostante le contestazioni sul punto principale di quella che ha rifiutato di chiamare campagna elettorale, definendola campagna di spiegazione: “la soppressione della elezione dei deputati a suffragio universale diretto”, una riforma costituzionale che può essere pericolosa in un paese che rimane preda del regionalismo e persino, in alcune regioni del sud, del tribalismo. Questa vaghezza ha dato i suoi frutti, nonostante sia il peggior atteggiamento politico.
Inizia una nuova era per la seconda repubblica, con molte preoccupazioni per i prossimi cinque anni e per le aspettative sul nuovo governo, con un nuovo capo del governo che sarà deciso dal partito islamista Ennahda.
Ciò che Kais Saied, tuttavia, ha costantemente affermato, in qualità di rigoroso legalista, è che prenderà le strade della convinzione e della legge per far avanzare le sue riforme. Quali riforme? Ora che è presidente di tutti i tunisini e tutte le tunisine, possiamo esprimergli le nostre preoccupazioni e le nostre domande.
Sperando che Erdogan dia rapidamente le sue istruzioni al presidente di Ennahda, in visita il 21 e 22 ottobre al Trt World Forum 2019 “Ispirare cambiamento in un’era di incertezza” ……. (sic).
Abbiamo fretta!