Un progetto della Flai Cgil per il contributo dei pescatori alla pulizia del mare dalla plastica.
“Il nostro mare lo salvi chi può”. Non è solo il titolo della ricerca che abbiamo presentato lo scorso 27 settembre a Roma. È anche il grido d’aiuto di chi il mare lo vive e ci lavora. La condizione del nostro mare ha raggiunto livelli di inquinamento preoccupanti, vi si trova ogni cosa: rifiuti organici, elettrodomestici, parti di automobili, residuati bellici, contenitori per vernici o solventi, materiali tossici, derivati del petrolio, ma anche molta plastica. Insomma è una vera e propria discarica.
Nei mari del nostro pianeta galleggiano all’incirca 5,25mila miliardi di pezzi di plastica per 268.940 tonnellate di peso, oltre a quello depositato sul fondo. Nel Mar Mediterraneo sono presenti tra le mille e le 3mila tonnellate di materiale plastico. Un dato approssimativo, perché queste sono soggette agli spostamenti dovuti alle correnti marine e al moto ondoso. Questi due elementi spostano continuamente la plastica sulla superficie del mare, rendendo difficile una esatta valutazione. In ogni caso, il quadro complessivo descrive una situazione preoccupante e in continua evoluzione, con effetti socioeconomici rilevanti per tutte quelle realtà produttive che hanno costruito la loro attività legandola al mare.
Tra queste il settore della pesca, che sta vivendo una vera emergenza. Sempre di più, nelle reti dei pescatori, la presenza della plastica sta assumendo volumi rilevanti. In questi anni, incontrando i lavoratori nelle marinerie italiane, abbiamo notato una crescente denuncia del problema, tanto da far loro affermare che a volte, in mare “si pesca più plastica che pesci”.
Da queste continue segnalazioni nasce la volontà della Flai Cgil di indagare sul problema, appunto con la ricerca appena presentata. Uno studio che ha visto impegnati un gruppo di ricercatori ma soprattutto il coinvolgimento dei pescatori, che hanno messo a disposizione le loro imbarcazioni. Grazie a questa collaborazione, abbiamo potuto valutare la reale quantità di plastica salpata durante le battute di pesca. Il campionamento svolto in diverse marinerie italiane ha avuto risultati diversi per effetto del tipo di pesca esercitato, ma anche per la morfologia delle coste e delle correnti marine che determinano la maggiore o minore presenza di materiali. In ogni caso possiamo affermare che la plastica è presente ovunque.
E’ un allarme che non deve preoccupare solo i pescatori ma, in maniera indiretta, deve interessare tutti noi, in quanto la plastica presente in mare si deteriora, trasformandosi in micro e nano plastiche che, con il tempo, penetrano l’ecosistema marino, mescolandosi con gli elementi stessi, fauna in primis, e possono arrivare anche sulle nostre tavole. In questo scenario, i pescatori, secondo il nostro pensiero, possono partecipare alla soluzione del problema: sarebbe sufficiente consentire agli equipaggi di portare a terra i rifiuti che quotidianamente si ritrovano nelle reti.
Dai risultati della ricerca, sembra che quest’ultima possibilità sia l’elemento mancante per un corretto smaltimento o riciclo della plastica quotidianamente pescata. Infatti solo in due realtà tra quelle campionate esiste un’area, all’interno del porto, dove è possibile scaricare quanto raccolto, per poi avviarlo al sistema dello smaltimento dei rifiuti nel comune di residenza. All’apparenza è il modo più semplice e immediato per affrontare il problema, trova però molte difficoltà nell’applicazione pratica all’interno dei porti.
Lo studio inoltre ha indagato sull’evoluzione tecnologica che in questi anni si è sviluppata su questi temi, individuando un processo innovativo che permette di bruciare la plastica ad alte temperature riportandola allo stato liquido. Questo prodotto chiamato synoil è già stato testato anche su alcuni motori per imbarcazioni, con risultati soddisfacenti. Con 100 chili di plastica si ottengono 80 litri di synoil, 15 litri di syngas e 5 chili di carbone attivo. Il costo di un litro di synoil cosi prodotto è 65 centesimi al litro, con zero impatto ambientale.
Con questa ricerca abbiamo voluto porre l’accento sul problema dell’inquinamento da plastiche e microplastiche in mare, e proporre possibili soluzioni. Siamo convinti che la partecipazione dei pescatori in un progetto di raccolta, ben definito e strutturato su tutto il territorio nazionale, possa contribuire a restituire al nostro mare e all’ambiente la giusta considerazione.