Clicca sulla copertina per scaricare il pdf
- Visite: 964
La grande manifestazione di Reggio Calabria ha dato una risposta di massa alla secessione dei ricchi e alla macelleria sociale insita nella flat tax, per l’unità del paese. E ha aperto la strada al possibile sciopero generale in autunno, se il governo non cambierà radicalmente la sua politica economica e sociale. Il problema non è lo sfondamento degli “stupidi” parametri europei: contano le misure da prendere sugli investimenti pubblici, per un’occupazione di qualità e uno sviluppo sostenibile. La mobilitazione unitaria è anche il risultato della positiva conclusione del congresso: la conferma della linea degli ultimi anni e l’elezione di Maurizio Landini hanno creato una forte aspettativa verso la Cgil.
Di questo percorso è parte integrante la sinistra sindacale. Ne abbiamo discusso il 25 giugno nel coordinamento nazionale di “Lavoro Società per una Cgil unita e plurale”. E, con un documento che sarà diffuso nei prossimi giorni, vogliamo avviare un percorso aperto e un confronto in tutta l’organizzazione, da concludere con un’assemblea nazionale in autunno per tirare le fila di una rinnovata sinistra sindacale.
La “nostra” sinistra sindacale ha una lunga storia di collettivo organizzato dentro alla maggioranza e all’interno delle regole democratiche della Cgil. Abbiamo dato e vogliamo continuare a dare il nostro contributo di idee, di proposte e di impegno, con la lealtà e il senso di appartenenza di sempre.
Vogliamo oggi un confronto aperto per dare vita ad una sinistra sindacale che vada oltre noi e che, nelle forme che decideremo insieme, concorra a far navigare tutta la Cgil in mare aperto, avendo certo l’approdo comune.
Il pluralismo programmatico rimane il collante che rafforza il senso di appartenenza alla Cgil. E’ una ricchezza e la caratteristica fondante in un’organizzazione democratica, complessa e articolata come la nostra. Difendiamo il pluralismo costituito collettivamente in aree congressuali o programmatiche, normato dal nostro Statuto, mentre riteniamo distorcente e dannosa la formazione di gruppi di potere, di aggregazioni di strutture non costituite su base programmatica.
Serve alla Cgil un’aggregazione collettiva di confronto, di formazione e di cultura diffusa, un luogo collettivo di un sentire plurale. Non luogo di distinzione, ma di ricchezza e appartenenza alla Cgil. Un collettivo di idee e di pratiche, di proposte e di valori, non alternativo ma plurale, diverso ma uguale. C’è bisogno di un pensiero alto, di scelte radicali che ripropongano ideali, e quotidiana lotta politica e valoriale, per far avanzare chi è senza voce né diritti. Per fermare l’onda nera che avanza nel nostro paese. Per rinsaldare un sentire comune in difesa della collettività, dei beni comuni e della democrazia. Per ricostruire un orizzonte di cambiamento reale, un’utopia del possibile. Noi siamo con e per la Cgil del futuro.
Di fronte all’arresto della capitana Carola Rackete della Sea Watch, per aver forzato un blocco navale approdando con 42 migranti al porto di Lampedusa, il giudizio di Massimo Cacciari ha le sue radici nella tragedia sofoclea di Antigone: “Ci sono delle leggi, è evidente che la conseguenza sia quella prevista dalle leggi. Ma questa del decreto sicurezza di Salvini è una legge ingiusta, ed è un onore, per le persone di coscienza, trasgredirla in quanto ingiusta: averla violata va a tutto onore di questa capitana, e a tutta vergogna di Salvini e dei suoi commilitoni”.
Il filosofo veneziano coglie nel segno, guardando ai più elementari diritti umani difesi dalla capitana Rackete. Ma il decreto sicurezza interroga anche il sindacato. Viene ad esempio reintrodotto il reato di blocco stradale, che era stato depenalizzato nel 1999, nei confronti di chiunque blocchi, ostruisca o ingombri la circolazione. Una norma giustificata dal governo con la necessità di fronteggiare gli episodi che compromettono la sicurezza dei trasporti e la libera circolazione. Ma che per molti giuristi è invece finalizzata a punire con l’arresto chi si riunisce in strada per manifestare, o “picchetta” fuori le fabbriche, le scuole o le istituzioni.
Sul periodico “Diritto penale contemporaneo”, gli operatori del settore rilevano il dato di fatto e tirano le somme: “Proprio mentre le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza sovranazionale cercano di orientare gli Stati verso una maggiore mitezza nel calibrare le risposte sanzionatorie alle manifestazioni di dissenso, persino quando si tratti di iniziative non formalmente autorizzate, il legislatore italiano imbocca la strada di senso contrario, imprimendo un giro di vite dal retrogusto autoritario che non riesce a svincolarsi dalla vetusta idea della somministrazione di più pena carceraria come soluzione dei conflitti sociali”.
Il 15 giugno una delegazione della Cgil guidata dal segretario generale Maurizio Landini, con il segretario generale della Flai, Giovanni Mininni, e con altri compagni della Flai, è stata ricevuta da Papa Bergoglio. Si è trattato di una udienza privata, insieme all’Associazione Romana Studi e Solidarietà e all’Associazione Elpis, con le quali la Flai e la Cgil hanno iniziato da qualche tempo un lavoro comune.
Come è stato detto da Giovanni Mininni in una recente intervista, possiamo definire questo incontro un incontro fra diversi ma uguali. Diversi perché in passato forti sono state le divergenze e i toni dello scontro, diversi e distanti anche oggi se pensiamo alle questioni attinenti i diritti civili, dall’omosessualità all’aborto. Ma questi soggetti diversi hanno dimostrato che possono essere uguali nell’affrontare alcune questioni cruciali del nostro tempo. Questioni su cui innegabilmente Papa Francesco ha voluto segnare una cesura rispetto al passato, tornando di fatto alla chiesa delle origini.
Di fronte ai suoi importanti input e continui contributi sui temi della povertà, della dignità del lavoro, della condizione dei migranti e dell’accoglienza, si può e si deve cogliere la possibilità di un dialogo, non si possono ignorare gli appelli di questo Papa; e questo è quello che è accaduto il 15 giugno.
Nell’udienza sono state presentate al Pontefice le numerose azioni di solidarietà portate avanti dalla Cgil e dalla Flai con l’esperienza e la pratica quotidiana del sindacato di strada. Proprio con il sindacato di strada, in questi anni, la Flai più volte si è trovata fianco a fianco con la Caritas in tanti territori, da Saluzzo a Vittoria. Vicini nel fare un lavoro complementare.
Questa “vicinanza” è cresciuta, si è trasformata, e si è volto lo sguardo alle periferie romane, avvolte in vecchie e nuove povertà, sentendo l’esigenza di fare un’azione il più possibile diretta e concreta. La Flai, con un progetto dedicato, ha consegnato quattro tir di derrate alimentari alla Elemosineria pontificia, al cardinale Konrad Krajewski, e attraverso la Caritas di Roma gli alimenti sono stati distribuiti nelle mense cittadine, o direttamente a famiglie in difficoltà.
Questo progetto ha portato ad aprire un confronto più ampio e articolato sul tema della solidarietà e del contrasto alla povertà. Confronto che ha avuto un primo momento di sintesi nell’iniziativa del 16 maggio scorso, promossa dalla Flai Cgil e dalle Associazioni Elpis e Arss, sul tema della povertà e delle disuguaglianze, con chiusura dei lavori da parte di Maurizio Landini. Anche in questo incontro i diversi soggetti coinvolti si sono trovati accomunati nei valori, e nell’esigere maggiore giustizia sociale per contrastare la povertà e le crescenti diseguaglianze. Ci si è riconosciuti nelle azioni concrete del sindacato, nell’impegno comune al fianco dei più deboli e di chi si trova ai margini della società, senza dimenticare di interrogarsi su cosa provochi queste diseguaglianze, e perché il sistema non produca giustizia sociale ma al contrario polarizzi la ricchezza e comprima i diritti.
Questa iniziativa è stata parte integrante del percorso che ha portato all’incontro con il Papa. Un momento emozionate e toccante per tutti, nel quale è stato evidente come sindacato e chiesa siano alleati naturali nel contrasto alla povertà, all’ingiustizia, alla precarietà del lavoro. Il Pontefice ha ricevuto in dono dalla Cgil la Carta dei diritti universali del lavoro, apprezzandone il valore e ascoltando con interesse la descrizione delle azioni della Cgil a favore della dignità del lavoro, dei più deboli e di quanti per motivi diversi sono in difficoltà, per poi incoraggiarci a proseguire con il nostro impegno.
Il segretario generale della Flai ha donato al Pontefice la spilla della Federbraccianti e alcune pubblicazioni che raccontavano l’esperienza del sindacato di strada. Proprio su questa “buona pratica” è stato espresso sincero apprezzamento per l’azione di contrasto al caporalato e allo sfruttamento in agricoltura, piaghe che colpiscono i lavoratori e in modo ancor più violento i lavoratori migranti, soggetti spesso in condizioni di maggiore vulnerabilità e debolezza, che però contribuiscono in modo determinante alla nostra economia.
L’incontro fra il segretario generale della Cgil e il Papa, un Papa come Bergoglio, rappresenta per la Cgil un riconoscimento importante, anche perché per la prima volta si sono verificate le condizioni che hanno portato a un incontro che possiamo definire storico: una udienza privata del Papa con il segretario generale della Cgil. È il riconoscimento di una chiesa che si occupa degli ultimi nei confronti di un sindacato che tutela e difende gli ultimi, per un loro riscatto attraverso il lavoro e la giustizia sociale.
La Fp Cgil ha presentato una ricerca sulle liste d’attesa. Che fanno crescere il forte malcontento dei cittadini sulla sanità pubblica
Salvare il Servizio sanitario nazionale è una delle priorità nella rivendicazione unitaria, confederale e di categoria, che ha portato in piazza lavoratrici e lavoratori pubblici per la grande manifestazione dell’8 giugno.
Nonostante la costante riduzione dei finanziamenti pubblici e di una serie di elementi problematici - la penuria di personale, la dinamica demografica (invecchiamento della popolazione e bassa natalità), l’aumento delle patologie croniche, gli alti costi delle terapie innovative e della tecnologia avanzata, per citare i più significativi – il Ssn continua a garantire buoni risultati di salute.
E’ però evidente la condizione di fragilità del sistema: tra tagli e definanziamenti, dal 2010 ad oggi, sono stati sottratti 37 miliardi. E il Def 2019, erodendo ulteriori risorse per gli anni a venire, pregiudica la tenuta stessa del sistema. Servirebbero almeno dieci miliardi, questa la stima prudenziale del Cergas Bocconi. Altre ricerche indicano quantità economiche nettamente superiori (Gimbe ed altri), e tutti gli studi esprimono una grande preoccupazione per la sostenibilità del Ssn, con conseguenze gravissime per la popolazione.
Si tratta di un timore evidentemente non condiviso dai governi che si sono avvicendati alla guida del paese. Governi che hanno sottratto risorse al fondo sanitario, disinvestito in edilizia sanitaria (meno 40%), bloccato i rinnovi contrattuali ed il turn-over del personale. La Ragioneria dello Stato segnala 45mila unità perse dal 2009 al 2016, fra cui ottomila medici e 12.500 infermieri. Il rapporto tra personale in forze al Ssn e popolazione (pubblico e privato accreditato) è tra i più bassi d’Europa, e si declina con disuguaglianze territoriali profonde, così come per il numero di posti letto, pubblici o privati.
Il rapporto fra pubblico e privato, non adeguatamente regolato, si traduce in una disparità nell’accesso alle cure, alla prevenzione e alle diagnosi precoci. Diversità di reddito, presenza di welfare contrattuale e regione di appartenenza determinano la possibilità per le persone di essere assistite adeguatamente e di avere migliori possibilità di invecchiare in buona salute. Gli stessi livelli essenziali di assistenza non sono garantiti ovunque sul territorio nazionale. E senza investimenti e personale i servizi non funzionano, così come ci mostra la seconda edizione dell’indagine Crea Sanità sulle liste di attesa, presentata lo scorso maggio dalla Fp Cgil.
Emilia Romagna, Liguria, Marche e Sicilia sono le regioni oggetto dello studio 2019. A fronte di buone pratiche per gestire le liste d’attesa, a partire dall’esperienza dell’Emilia Romagna che è stata ben illustrata nel report, gran parte delle rilevazioni evidenziano tempi di attesa surreali nelle strutture pubbliche o nel privato accreditato, e per contro accessi rapidissimi in regime privato o in intramoenia.
Per i cittadini si tratta di un vero e proprio percorso a ostacoli: un quarto degli intervistati segnala di aver dovuto ricorrere a conoscenze e raccomandazioni per ottenere o anticipare un appuntamento. Viene quindi facile comprendere come quasi il 65% degli intervistati esprima fastidio e rabbia nei confronti della sanità pubblica, vissuta come a rischio di corruzione nella gestione delle liste d’attesa. Un dato che appare come sintomatico di un progressivo deterioramento del legame fra i cittadini e il servizio pubblico.
La soluzione non va cercata nella strutturazione di un “secondo pilastro” di natura assicurativa, lucrosa ed inesauribile fonte di guadagno per gli investitori privati, ma nel ripristino dei finanziamenti e delle condizioni necessarie per rilanciare il Ssn. Nel 2018 abbiamo festeggiato i quarant’anni della legge 833/78, nata dalla straordinaria stagione delle lotte degli anni ‘70, in cui le lavoratrici e i lavoratori si sono resi protagonisti del cambiamento. Una legge che si fonda sui principi di universalità, uguaglianza ed equità. Che parla di partecipazione sociale, di salute, di ambiente e di prevenzione. E che purtroppo, nel corso dei decenni, è stata profondamente modificata da provvedimenti legislativi che ne hanno svilito i principi, anche in ragione della riforma del titolo V della Costituzione.
E’ tempo di tornare a quella partecipazione, riannodando il legame fra il lavoro, le funzioni pubbliche e i cittadini, riportando al centro del dibattito la salvaguardia della salute della popolazione, indipendentemente dalle capacità reddituali di ciascuno. Solo così saremo in condizione di affrontare al meglio la disuguaglianza sociale, vera cifra di questo inizio millennio.