Le Funzioni pubbliche in piazza l’8 giugno per l’occupazione, contratti e investimenti.
Occupazione, contratti e investimenti: questi i tre punti che sinteticamente esprimono il senso della mobilitazione che sabato 8 giugno porterà in piazza le lavoratrici e i lavoratori del terzo settore, della sanità pubblica e privata, delle funzioni locali e di quelle centrali.
Non basteranno certo le vane promesse del governo ad impedire la mobilitazione unitaria. In sanità mancano 84mila dipendenti, in polizia 13mila e nei ministeri altri 17mila, al netto delle uscite per la pensione. Nel comparto Funzioni centrali l’ingresso di oltre 5mila persone, a cui si aggiungono 4.900 posti messi a bando, è comunque molto lontano dal poter compensare le uscite previste dallo stesso ministero.
Si stimano complessivamente oltre 500mila pensionamenti nei prossimi tre, quattro anni, ma potrebbero essere molti di più, per effetto della cosiddetta “quota 100”. I concorsi non sono stati ancora banditi e tutto lascia prevedere tempi lunghi, nonostante fossero presenti graduatorie valide, inspiegabilmente soppresse. Il furore del ministro Bongiorno, che non perde occasione di tuonare contro la (presunta) inefficienza dei lavoratori pubblici, si infrange quindi contro la realtà dei fatti, così come sono stati descritti in occasione dell’annuale appuntamento con l’iniziativa “Forum Pa”.
Lo svuotamento degli uffici e dei servizi avvenuto in questi dieci anni ha portato l’Italia tra gli ultimi in Europa per numero di dipendenti: il 30% in meno rispetto alla Germania, il 35% sulla Gran Bretagna e il 40% rispetto alla Francia. Scontiamo inoltre un consistente gap di investimenti pubblici e privati in infrastrutture, in innovazione e in ricerca, che ha portato a un crollo della produttività del nostro paese.
Bisogna ripartire dai fondamentali, da una visione complessiva di quale modello di sviluppo serve al paese e di quale Pubblica amministrazione può veicolarlo. Un modello di sviluppo che abbatta le disuguaglianze di territorio, di genere e di censo, e una Pubblica amministrazione che sia al servizio delle persone e delle imprese, che metta in sicurezza il territorio, e indirizzi le scelte di sostenibilità ambientale, in termini di regole, investimenti, orientamenti. Che crei coesione sociale nei piccoli e grandi centri urbani. Che investa in innovazione, nelle tecnologie, e nella formazione indispensabile per poterle utilizzare al meglio. Infine che accompagni il paese in quella che si sta configurando come la quarta rivoluzione industriale digitale.
Per realizzare questi obiettivi servono nuove assunzioni e nuove competenze, nuove risorse per la formazione e per l’aggiornamento. Il rinnovo dei contratti è una necessità per le lavoratrici e i lavoratori che hanno visto ridurre progressivamente il loro potere d’acquisto dal 2009 ad oggi. Uomini e donne che in questi anni hanno sostenuto carichi di lavoro importanti, hanno visto negato il loro diritto alla contrattazione decentrata, e solo dal 2018 hanno ripreso parola e titolarità negoziale.
Ma ancora una volta vengono bloccate le legittime aspettative salariali e normative, le valorizzazioni delle professionalità acquisite, i percorsi di carriera, i lavori delle commissioni paritetiche, i vincoli sul salario accessorio e sulla classificazione del personale. Eppure, senza i necessari investimenti sul personale e senza il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori, qualunque riforma perde efficacia e valore.
La piazza di sabato 8 giugno vuole parlare a tutto il paese di come i diritti dei cittadini siano legati a filo doppio al buon lavoro nella Pubblica amministrazione. Vuole mostrare come i servizi e le funzioni pubbliche siano messi a rischio dalle scelte del governo, dai tagli al Fondo sanitario nazionale, dalle risorse per le Funzioni locali e per il welfare di prossimità. Vuole parlare a un governo che ha scelto la strada della disintermediazione, barcamenandosi fra l’inevitabile aumento dell’Iva e la promessa di realizzare la flat tax, misura quest’ultima che priverebbe il paese di risorse indispensabili, scardinando il principio democratico della progressività fiscale.
Noi non ci stiamo! Le mobilitazioni affollano l’agenda di questo 2019, di questa tarda primavera di lotta e di protesta. I pensionati, le Funzioni pubbliche, lo sciopero dei metalmeccanici, la manifestazione del prossimo 22 giugno sono le prossime tappe di un impegno unitario per far cambiare verso alle politiche dell’esecutivo, per ridare futuro al paese.