Da sei anni i lavoratori del settore attendono il rinnovo del contratto. Il Ccnl è la sola tutela del salario reale per lavoratori “invisibili”, vittime di frantumazione, precarietà, e liberalizzazione di appalti e subappalti.
Sono oramai sei anni che i lavoratori e le lavoratrici che lavorano nei settori dei multiservizi attendono il nuovo contratto nazionale. Sono le persone che lavorano nelle imprese di pulizia, nei settori degli affari generali esternalizzati nelle grandi aziende, alle reception dei palazzi che ospitano uffici. Lavoratori spesso invisibili, che iniziano a lavorare quando ancora le nostre città dormono, e svolgono turni che li portano a finire la loro giornata quando le nostre città stanno tornando a dormire.
Sono lavoratori e lavoratrici che vivono in uno stato di costante precarietà, lavorativa e salariale, perché le società per cui lavorano vivono di appalti o commesse da rinnovare periodicamente e che, quando scadono, li espongono a negoziazioni snervanti, dal risultato mai scontato. “Manterrò le condizioni contrattuali attuali, o le ore di lavoro verranno ridotte?” Questa la domanda più comune che chi lavora in queste imprese si pone, quando deve essere ridiscusso l’appalto.
Per chi lavora negli appalti legati al settore pubblico le tutele non sono migliori; dominano le gare al ribasso, con capitolati restrittivi che devastano retribuzioni e contratti di lavoro, molto spesso part time.
In un settore dalle retribuzioni basse, dalla forza negoziale limitata, il contratto nazionale assume la sola speranza di mantenimento del potere di acquisto del proprio salario. I soli aumenti sperabili, il solo strumento che dia sostanza al loro lavoro. E sei anni sono tanti, troppi per poter restare a guardare.
Così venerdì 31 maggio ci sarà lo sciopero unitario che richiama alla necessità di trovare una via di uscita in una contrattazione che si è arenata su due problemi drammatici e centrali: il trattamento economico di malattia, e gli aumenti retributivi. Sul primo punto c’è una richiesta del padronato inaccettabile; in un settore in cui l’impegno fisico è pressante (e scarsamente tutelato dalla difficoltà di applicazione delle norme sulla sicurezza), la retribuzione della malattia è vitale. Sul secondo punto siamo di fronte a una vera emergenza: se si pensa che in questo contratto non esiste l’istituto degli scatti di anzianità, si comprende che queste persone non hanno nessun elemento di rivalutazione minima del proprio salario.
In questo quadro, contrattualmente complicato, si innestano anche le preoccupazioni e la contrarietà alle modifiche legislative contenute nel decreto denominato “sblocca cantieri”. Subappalti e gare al massimo ribasso, due degli argomenti che Cgil Cisl e Uil stanno tentando faticosamente di discutere con un governo sordo a osservazioni basilari, che ridiano tutele a settori deboli che non possono essere esposti al rischio di un quadro normativo peggiorato rispetto al passato. Un settore, che bisogna sempre ricordare, è esposto in maniera costante alle infiltrazioni delle mafie, che nel mondo degli appalti trovano modo di reinvestire i proventi delle attività criminose. E ad imprenditori senza scrupoli o timori, lontani dalla minima idea di legalità.
Contratto e decreto “sblocca cantieri”, lo ripeto, sono due emergenze per chi lavora nelle imprese di pulizie e di servizi. Per questo lo sciopero del 31 maggio, e la manifestazione di Roma, sono di vitale importanza. E se per noi della Filcams il coinvolgimento è totale, questi argomenti riguardano da molto vicino tutte le altre categorie, perché gli appalti coinvolgono tutti, e perché chi lavora in queste società è un collega invisibile con cui condividere gli stessi spazi e gli stessi luoghi di lavoro.