Con i suoi 19mila lavoratori e lavoratrici, all’aeroporto di Malpensa siamo certamente in presenza di uno dei luoghi di lavoro più significativi, non solo della Lombardia, che interroga il sindacato su come la sua azione possa incidere e svilupparsi sul piano della contrattazione inclusiva, a fronte di una forza lavoro composta da svariate figure professionali, profondamente divisa nei livelli di tutele contrattuali. Per queste ragioni la Cgil di Varese, guidata dal dinamico segretario Umberto Colombo, ha deciso di aprire una Camera del lavoro proprio all’interno del Terminal 1 di Malpensa.
Venerdì primo marzo la sua inaugurazione e il simbolico taglio del nastro hanno coinciso con la partecipazione del segretario generale Maurizio Landini a una specifica riunione, in cui i delegati e le delegate che operano quotidianamente nella sede aeroportuale hanno raccontato quali sono le condizioni di lavoro e di vita all’interno di un luogo di così grande rilevanza internazionale. Un luogo dove transitano milioni di persone ogni anno - 24 milioni nel 2018 - mentre sono movimentate e trasportate annualmente 550 milioni di tonnellate di merci.
Le testimonianze dei delegati hanno messo a fuoco le storture derivanti dalla giungla degli appalti e dei sub-appalti. Ad ogni cambio appalto, ad esempio per chi non opera nella ristorazione o nelle imprese di pulizia, dove vige la clausola sociale della continuità del rapporto di lavoro, incombe il rischio della riduzione del salario, o di quelle quote di personale considerato in eccedenza. Questo avviene nonostante crescano i profitti delle aziende. Mentre la società che gestisce l’aeroporto, la Sea, ha registrato nel 2018 un utile maggiorato del 18% su quello del 2017.
Non va dimenticato nemmeno quello che accade nella competizione spietata tra le aziende di handling e nel settore Cargo, dove è noto il ricorso indiscriminato all’utilizzo di pseudo-cooperative. Al punto che, com’è stato sottolineato ripetutamente, le persone vengono considerate perlopiù alla stregua di numeri o di semplici utensili, cioè svilite di quella dignità che invece il diritto attribuisce ad ogni essere umano.
In questo contesto, alcuni segnali positivi di controtendenza sono già stati messi in campo dall’azione sindacale. Giustamente è stata valorizzata la contrattazione aziendale raggiunta con la compagnia low cost Easyjet, anche in relazione alle tutele specifiche nel caso della maternità, mentre un delegato di FedEx ha ricordato le quatto giornate di sciopero e di lotta effettuate per contrastare - nel silenzio dei media - il piano di esuberi dichiarato da questa multinazionale dopo l’assorbimento della Tnt. Permane invece il carattere anti-sindacale di Ryanair, oltre all’assenza di una prospettiva certa per Alitalia, al di là delle ripetute assicurazioni da parte del governo giallo-verde sul suo destino.
Dunque la Cgil è viva, i delegati e le delegate si battono al meglio in condizioni oggettivamente difficili, poiché emergono aree segnate dalla rassegnazione e dalla sfiducia, sia per il rischio della perdita del posto di lavoro, sia per i molteplici rapporti di lavoro para-subordinati o interinali che non garantiscono salari dignitosi, unitamente alle incertezze che sono state segnalate sul piano della loro erogazione.
Maurizio Landini, nelle sue conclusioni, ha ribadito che, se è prioritario occuparsi delle condizioni materiali e di vita del mondo del lavoro, in una fase politica ove viene negata la centralità del lavoro, attraverso la contrattazione inclusiva abbiamo senz’altro l’occasione di andare oltre l’impostazione di categoria, individuando obiettivi comuni su cui costruire vertenze e pratiche collettive.
Concretamente, facendo l’esempio dei 30 euro mensili che ogni dipendente ha come costo fisso per accedere all’aeroporto, Landini ha suggerito come la soppressione di questo onere potrebbe diventare oggetto vertenziale nel rapporto con la Sea, in quanto, nel determinare una conquista sul salario indiretto, restituirebbe soprattutto senso e lustro al ruolo negoziale del sindacato confederale.
Se in questi ultimi decenni i processi di de-sindacalizzazione si sono diffusi di pari passo al venir meno di una coscienza collettiva, per Landini è necessaria una nuova sindacalizzazione per invertire la tendenza all’unilateralità e all’arretramento della democrazia nei luoghi di lavoro, che poi si riverbera di conseguenza sulla qualità della democrazia complessiva nella società.
La rimessa in campo di una solidarietà del lavoro è possibile se abbiamo un’idea generale della società inclusiva che auspichiamo, a partire dalla consapevolezza dell’inevitabile conflitto che si determina tra i diritti del lavoro e i diritti di proprietà, nonché se rilanciamo positivamente l’obiettivo dell’unità sindacale, stante la fine ingloriosa dei partiti di massa.