Il sindacato vuole contrattare diritti. La ministra Buongiorno, con la proposta di rilevamento dei dati biometrici, segna l’abissale distanza tra visioni opposte di valorizzazione del lavoro nella Pubblica amministrazione.
Al via la mobilitazione unitaria dei lavoratori pubblici: con tre appuntamenti, a Milano, Roma e Napoli, dove si sono svolte lo scorso 8 novembre tre assemblee interregionali di delegati e lavoratori pubblici, a sostegno della rivendicazione dell’apertura del confronto per il rinnovo dei contratti nazionali 2019-2021, a partire dalle undici proposte contenute nella piattaforma sindacale in attesa dell’approvazione della legge di bilancio.
Difficile perseguire gli obiettivi di valorizzazione ed “efficientamento” dei servizi pubblici senza lo stanziamento di adeguate risorse. Quello previsto dalla legge di bilancio per i rinnovi contrattuali - pari a 1,050 miliardi di euro per il 2019, 1,075 per il 2020, e 1,125 miliardi a decorrere dal 2021 – è ritenuto insufficiente dalle organizzazioni sindacali.
Per il rinnovo del contratto non si tratta solo di risorse economiche. La vertenza sindacale per il rilancio dei servizi e del lavoro pubblico rivendica anche stabilizzazioni, modifiche normative che consentano alle amministrazioni una gestione efficace del lavoro pubblico, superamento dei vincoli sulla costituzione dei fondi per il salario accessorio, un piano generale di formazione e aggiornamento dei dipendenti pubblici, il potenziamento del sistema di relazioni sindacali, il rifinanziamento del servizio sanitario nazionale, la stabilizzazione dei precari, e un grande programma di assunzioni.
Sullo sfondo del quadro di rivendicazioni promosse per il pubblico impiego si addensa la proposta del ministro Buongiorno, con l’omonima annunciata riforma della Pubblica amministrazione, dal sapore vagamente “brunettiano”, attraverso la quale si intenderebbe, fra l’altro, introdurre la possibilità di rilevare i dati biometrici dei lavoratori pubblici al fine del contrasto all’assenteismo.
Per capire la portata di questa riforma è opportuno evidenziare che, al momento, “l’uso generalizzato e incontrollato di dati biometrici, specie se ricavati dalle impronte digitali, non è lecito”, e che “l’utilizzo di dati biometrici può essere giustificato solo in casi particolari, tenuto conto delle finalità e del contesto in cui essi sono trattati, e in relazione ai luoghi di lavoro, per presidiare accessi ad ‘aree sensibili’, considerata la natura delle attività ivi svolte: si pensi, ad esempio, a processi produttivi pericolosi o sottoposti a segreti di varia natura, o al fatto che particolari locali siano destinati alla custodia di beni, documenti segreti o riservati, od oggetti di valore”.
Rispondere alla richiesta di valorizzazione del lavoro e dei servizi pubblici con una proposta di riforma che prevede la rilevazione di dati biometrici per contrastare l’assenteismo nella pubblica amministrazione, segna probabilmente l’abissale distanza esistente tra visioni opposte di “efficientamento” e valorizzazione del pubblico impiego e del lavoro nella Pubblica amministrazione.