Mentre nello sport si impongono squadre nazionali multietniche, il governo inserisce nella legge di bilancio il premio ai “vivai italiani”.
A livello femminile la pallavolo è lo sport più praticato in Italia con oltre 220mila atlete tesserate. L’affermazione delle azzurre in ambito internazionale comincia nel 1989 con un bronzo agli Europei. Il massimo risultato ottenuto è il titolo mondiale vinto nel 2002.
Oggi, mentre in tutti gli altri sport di squadra (soprattutto maschili) l’Italia non consegue risultati brillanti, la pallavolo femminile costituisce una felice eccezione. Prima della straordinaria prestazione ad ottobre in Giappone della nazionale A, arrivata ad un soffio dal titolo mondiale, si erano registrati in estate l’oro europeo delle Under 16 e quello mondiale delle Under 18.
Sono risultati ascrivibili a tanti fattori, ad iniziare da una eccellente programmazione tecnica. Ma, come hanno avuto modo di capire i milioni di cittadini che hanno seguito le gare della nazionale maggiore, c’è anche dell’altro riconducibile a quel “multicolore” e a quell’esempio di integrazione che in altri sport stenta ad affermarsi nelle stesse dimensioni e con analoga qualità. E’ la presenza di ragazze di colore, spesso decisive nelle giocate, dotate di fisici elastici ed esplosivi, che saltano alto e tirano forte. Sono figlie di matrimoni misti o, più di sovente, di coppie nigeriane, ivoriane o di altre nazionalità africane. Hanno genitori che sono in Italia da tempo ed hanno ottenuto la cittadinanza, sono nate nel nostro paese e rappresentano le prime italiane di seconda generazione figlie di immigrati. Anche nello sport dimostrano di quanto il nostro paese, per avere un futuro, abbia bisogno dell’immigrazione.
Partendo da queste considerazioni, occorre poi ragionare sulla paurosa arretratezza della nostra legislazione. Dal gennaio 2016 è stata introdotta una legge che riconosce il principio dello “ius soli sportivo”: si prevede la possibilità per minori “stranieri” nati in Italia di essere iscritti alle federazioni sportive con le stesse modalità previste per i cittadini italiani. La legge permette ai minori “stranieri” di fare sport, ma non dà la possibilità di essere inseriti nelle selezioni nazionali, per le quali è necessario avere la cittadinanza.
L’assenza dell’ormai famigerato “ius soli”, che consentirebbe ai figli di immigrati regolari nati nel nostro paese di diventare cittadini italiani senza dover aspettare i 18 anni, priva migliaia di giovani nati e cresciuti in Italia della possibilità di accedere alle nazionali ed insieme priva tutte le discipline sportive nel nostro paese della possibilità di avvalersi di risorse che potrebbero accrescerne la competitività ed il valore.
Ma mentre nella legge di bilancio presentata dal governo si propongono premi per le società sportive che valorizzano i “vivai italiani”, continuano – dentro e fuori dal campo – le schiacciate delle giocatrici di pallavolo contro il razzismo e ogni altra forma di discriminazione, per affermare tutte le diversità come valore nello sport e nella società.
E’ l’esempio della diciannovenne Paola Egonu, punto di forza della nazionale di volley (324 punti realizzati nei mondiali in Giappone, premiata come migliore realizzatrice e opposto) che si definisce afro-italiana “perché un’appartenenza non esclude l’altra”, che ha parlato molte volte della necessità di contrastare nello sport e nella società derive razziste. E che, in una recente intervista, ha parlato con semplicità della propria omosessualità “perché la trovo normale”.
Dovranno fare molte altre schiacciate le pallavoliste e tutte le atlete delle varie discipline, per superare le discriminazioni di genere che segnano lo sport nel nostro paese. Milena Bartolini, l’allenatrice che ha portato la nazionale di calcio femminile ai mondiali, nel dibattito sui temi dello sport nelle Giornate del Lavoro Cgil a Lecce ha affermato: “La legge attuale non prevede il professionismo per le donne. Questa è una grande discriminazione, le donne dello sport chiedono quindi al legislatore pari opportunità. Chiediamo di tutelare le donne che fanno sport, di metterle alla pari degli uomini”.
Tante altre schiacciate, tanti calci ad un pallone, tante altre gesta atletiche per abbattere muri, per superare ogni discriminazione, per uno sport, una società ed un mondo diversi e migliori per tutte e tutti.