Ad ogni convocazione della Marcia della pace si ripresenta la questione degli obiettivi, degli impegni e dei messaggi da trasmettere, così come fecero Capitini e il suo Comitato quando, nel 1961, lanciarono questa sfida. Tante sono le sollecitazioni e le motivazioni per la prossima Marcia del 7 ottobre. Come ai tempi di Capitini, voci preoccupate esprimono la ricerca di alternative all’ondata di paura e di violenza che ha ripreso piede nella nostra società.
Continuiamo quindi a interrogarci su quali risposte può dare la Marcia Perugia-Assisi: giungendo alla semplice riflessione, speriamo condivisa, che vadano ricercate nella sua storia, nel pensiero di chi la ideò per rompere con la politica elitaria e portare l’agenda della pace e della nonviolenza dentro la politica, mettendo al centro uomini e donne, senza alcuna barriera sociale, religiosa, ideologica.
Di quegli anni ricordiamo la guerra fredda, il Vietnam, il colonialismo e le spinte al diritto di auto-determinazione dei popoli, il riarmo e la deterrenza nucleare, la ricostruzione economica e democratica di società uscite dalle due grandi guerre che sconvolsero l’intero pianeta, i primi passi delle Nazioni Unite e del sistema del diritto internazionale, della Comunità europea e, nel nostro paese, la sua bella Costituzione.
La Marcia per la pace parte da questa storia, dalla necessità di costruire un nuovo ordine mondiale, denunciando l’assurdità di continuare a pensare che siano le armi, le guerre, l’uso della forza, l’imposizione e la dominazione a garantire “pace, sicurezza e benessere” per l’intero pianeta. Proponendo, allora come oggi, un’alternativa fondata su una nuova cultura e un modello di società nonviolenta e pacifista, regolata dall’attuazione dei diritti umani, dal diritto internazionale, e dalla cooperazione tra popoli e nazioni.
Riprendiamo il cammino della Marcia della pace rinnovando l’appello alle responsabilità, tanto individuali quanto collettive, di istituzioni e di partiti politici, per costruire risposte alternative alle politiche che riproducono guerre, diseguaglianze, sfruttamento dei pochi sui tanti, squilibri e disastri ambientali, condizioni di vita disumane per intere popolazioni, migrazioni forzate, crisi delle democrazie, paure, spirali di violenza e di odio, illegalità, corruzione ed il riemergere di fascismi e di ideologie xenofobe e razziste.
Mai come oggi si confermano fondamentali i principi, i valori e gli obiettivi che spinsero Capitini e la sua generazione a dare uno scossone al paese, denunciando una politica che ci avrebbe portato a riprodurre guerre e violenza per governare il mondo, e proponendo invece l’alternativa del disarmo e della nonviolenza per governare il mondo. Due visioni contrapposte del mondo, delle relazioni dentro l’umanità e tra questa e la natura.
L’adesione e la partecipazione alla Marcia sono adesione e sostegno alla costruzione della politica di pace, di disarmo, di accoglienza, di solidarietà tra popoli e paesi, di nonviolenza, di promozione e di rispetto dei diritti umani universali che oggi si declinano con scelte di campo chiare, sostenute con comportamenti quotidiani di impegno civile e con politiche corrispondenti.
La nostra “mozione”, per dirla alla Capitini, parte quindi dal richiedere alla politica di schierarsi chiaramente per la messa al bando delle armi nucleari; sospendere la vendita di armi ai paesi che violano i diritti umani e che sono coinvolti in guerre, come richiede la legge 185/1990; affrontare, finalmente, la riconversione dell’apparato industrial-militare per una difesa civile non armata, sostenibile, al servizio della messa in sicurezza del paese e della sua popolazione; mettere a disposizione della cooperazione per lo sviluppo sostenibile dell’Africa, e per la soluzione dei conflitti armati in Medio Oriente, lo 0,7% del Pil, in un quadro di cooperazione bilaterale e multilaterale, attivando partenariati tra comunità, enti locali e società civile.
Ancora, di garantire accoglienza e rispetto dei diritti umani a chi fugge da fame, guerre, discriminazioni e persecuzioni, facendosi portatore nelle sedi internazionali di una politica di solidarietà, di cooperazione e di integrazione fra culture, religioni ed etnie diverse; dedicare programmi e spazi nei curriculum scolastici, e nell’informazione pubblica, alla cultura e alle pratiche di pace, di protezione e accesso ai diritti umani, di cooperazione e di solidarietà.
Intanto noi, operatori di pace, ci impegniamo a praticare principi e valori della Marcia nel nostro quotidiano, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei circoli, nelle famiglie. Esigendo sì dalle istituzioni democratiche l’applicazione della Costituzione, ma partecipando in modo attivo, senza rinunciare a far sentire la nostra voce per pretenderne il coerente rispetto nelle decisioni politiche.