“Quando verrà Natale tutto il mondo cambierà, quando verrà Natale tutto sorriderà’’, cantava un giovanissimo Antonello Venditti. Sono sempre belli i giorni delle feste di fine anno, quando le case degli italiani si riempiono dei dolci tipici del periodo. C’è sua maestà il panettone e al suo fianco la regina pandoro. E, tra i marchi più conosciuti da grandi e piccini, c’è immancabilmente Melegatti. Caro alla memoria della televisione italiana, grazie alla sempreverde Franca Valeri che scandiva “con Melegatti lo sai, la fortuna è più dolce che mai”. Invece non sono stati fortunati gli ultimi anni dell’azienda veronese. Ancor meno fortunati sono stati i suoi lavoratori, che si sono visti passare sopra la testa una distruttiva dinasty familiare che in soli tredici anni è riuscita a demolire una storia lunga più di un secolo. Un successo legato alla figura di Salvatore Ronca, il manager galantuomo che aveva guidato Melegatti per decenni fino alla sua morte, nel 2005. Il suo posto fu preso dalla moglie Emanuela Perazzoli, che per gli operai e i loro delegati sindacali è stata la principale responsabile del rapido declino dell’azienda. Già, perché in vita il marito era stato capace di mediare con successo le inevitabili frizioni tra le due famiglie veronesi che da sempre si dividono la proprietà, i Ronca appunto e i Turco. Scomparso lui sono iniziati a volare gli stracci, e Emanuela Perazzoli, che fino a quel momento aveva fatto solo l’avvocato, è risultata tutto fuorché un’imprenditrice. “Rivalità storiche - racconta Laura Tarantino, una vita in Melegatti - cui si è aggiunto il fatto che lo statuto dell’azienda prevedeva un perfetto equilibrio delle quote azionarie. Questo ha portato a uno stallo delle decisioni strategiche: tutto rimaneva fermo mentre intorno a noi il mondo correva vorticosamente. Difficile restare sul mercato quando per giunta il tuo prodotto è stagionale. A posteriori è stato un errore gravissimo non aver diversificato le produzioni”.

Alla fine il fallimento è stato inevitabile. Ma pochi giorni fa undici lavoratori sono rientrati nella fabbrica di San Giovanni Lupatoto, per tenere in ordine i macchinari, pulire la fabbrica, ravvivare - tecnicamente si dice rinfrescare - la produzione del lievito madre che è l’anima dei dolci natalizi, attività portata avanti tutti i giorni da tre instancabili operai. Per tutti gli altri era già partita la richiesta per ottenere la cassa integrazione straordinaria. “Il ritorno in fabbrica di un gruppo di lavoratori - spiega Tarantino - è conseguente alla decisione del Tribunale di Verona di concedere l’esercizio provvisorio. Nel frattempo è partita anche l’asta che permetterà al miglior offerente di rilevare l’intero gruppo Melegatti, composto dall’azienda di San Giovanni Lupatoto e dalla Nuova Marelli di San Martino Buon Albergo”. I potenziali acquirenti potranno presentare offerte entro venerdì 27 luglio, mentre la vendita è stata fissata per il 30. Al punto 2 del regolamento dell’asta viene esplicitato che chi dovesse vincere “subentrerà anche in tutti i rapporti di lavoro in essere’’. “Una decisione presa dal tribunale a tutela dei posti di lavoro. Tutela che - aggiunge Tarantino - è alla base anche della richiesta dell’esercizio provvisorio e della cassa integrazione straordinaria. Ad oggi però si è ancora in attesa della conferma da parte del ministero, che ci si augura arrivi in fretta. Sono tre mesi che i lavoratori non prendono stipendio, né Naspi, né altri sostegni, in quanto non sono licenziati ma in attesa dell’esito dell’asta”.

Laura Tarantino ha lavorato in Melegatti per ventiquattro anni: “Sono stata una dipendente fino al 30 settembre del 2017. Poi sono andata in pensione, infelicemente perché a me quel lavoro piaceva molto. Ero addetta all’assistenza marketing, un impegno creativo, ben diverso da quello della catena di montaggio”. Nel lontano 14 ottobre 1894, il capostipite dottor Domenico Melegatti inventò e brevettò il famoso dolce da ricorrenza veronese, il Pandoro. Una storia lunga più di centoventi anni, un’industria capace di superare due guerre mondiali. “I primi segnali di crisi risalgono a una decina di anni fa - riepiloga Tarantino - con le prime riorganizzazioni, poi arrivarono i primi licenziamenti. Ci siamo fatti sentire, anche con proposte costruttive, teniamo molto alla Melegatti. Tante realtà del settore hanno manifestato interesse all’asta del 30 luglio, il marchio è conosciuto e il patrimonio di esperienza e professionalità dei lavoratori è un valore aggiunto per chiunque intenda subentrare”. L’ultimo periodo è stato il più difficile, sono cominciati a saltare gli stipendi, la Flai Cgil si è mobilitata insieme agli altri sindacati di categoria cercando di tutelare un patrimonio che, con tutti i suoi problemi, resta comunque un’eccellenza del made in Italy.

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