Elezioni: non scherziamo - di Giacinto Botti

 

Il risultato elettorale segna il punto più basso di tutta la sinistra italiana. E’ un risultato che arriva da lontano e il quadro uscito è preoccupante. Dalla pesante sconfitta si esce se la sinistra ritrova identità e valori, se torna a incrociare e rappresentare il mondo del lavoro, se riparte dalle condizioni materiali delle persone, dalle diseguaglianze. Se affronta e non rimuove le responsabilità di una disfatta prevedibile, non nelle dimensioni, che di certo non può essere scaricata sulle mobilitazioni di una Cgil “troppo radicale e autarchica”. Non scherziamo!

In questi anni la Cgil ha portato in piazza la protesta e le proposte, dando rappresentanza ai bisogni di chi sta pagando le politiche liberiste e antisociali dell’Europa e degli ultimi governi, che nella crisi hanno attaccato i diritti sociali e del lavoro, aumentato le diseguaglianze a favore di rendite e profitti, ridotto lo stato sociale, fomentato la guerra fra poveri, fino all’ignobile caccia all’immigrato.

La sinistra di governo ha pagato le sue politiche economiche e sociali, le scelte antipopolari di questi anni, l’interclassismo in favore dell’impresa e del mercato. Mentre le sinistre di opposizione non hanno attratto voti per divisioni e mancanza di un progetto alternativo. E la mancanza di insediamento sociale di tutta la sinistra.

La Cgil ha denunciato da tempo la frattura tra società reale e politica, la solitudine delle persone, e ha previsto l’esito delle politiche neoliberiste di divisione sociale e il pericolo dell’uscita da destra della crisi, tentando di arginarne gli effetti. Siamo usciti dalla difensiva aprendo una nuova fase, recuperando speranza nel futuro e credibilità, cercando di contrastare le derive valoriali e culturali che hanno pesato sul voto di una parte della nostra gente. Abbiamo saputo parlare al popolo senza scadere nel populismo, difendere gli interessi del paese senza scivolare nel nazionalismo, rappresentare gli interessi del mondo del lavoro senza rifugiarci nel corporativismo.

Con il Piano del lavoro e la Carta dei diritti, la Cgil ha cercato di dare risposte ai temi che più preoccupano gli italiani, il lavoro e le disuguaglianze, disegnando un’idea di società e di sviluppo. Cosa che la sinistra, tutta, non è stata in grado di fare. Qui sta il nodo del carattere populista di un voto dettato dalla rabbia e dal bisogno di rompere col passato.

Ora non possiamo sottrarci, nella nostra autonomia, dal nuovo contesto politico e sociale che richiede consapevolezza e determinazione. L’involuzione politica potrà essere rimontata solo con lungo lavoro di reinsediamento: le sinistre non ci sono più nei luoghi di lavoro e nei quartieri, e all’azione del sindacato manca un referente politico. E’ tempo di una discussione profonda con la nostra gente e il congresso può essere un’occasione straordinaria.

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