James O’Connor, nato nel 1930, professore emerito di sociologia ed economia alla University of Santa Cruz in California, è morto il 12 novembre scorso.
Ho personalmente avuto l’occasione di incontrarlo: una splendida persona, curiosa, estremamente comunicativa, schietta.

Alla fine del secolo scorso, era assai più noto alla stampa e nella letteratura un altro ecologista americano: Barry Commoner, biologo; anche lui studioso di grande fama. “The closing circle. Nature, man, and technology” (1971) è un testo denso di grandi novità di approccio ai temi ambientali, tutt’ora insuperate.
Ma O’Connor si è spinto molto più avanti di Commoner nel ricondurre entro schemi marxisti la riflessione ambientalista che si stava diffondendo in particolare in Germania, Sud Europa, America e Canada. La crisi ecologica - secondo O’Connor - nasce dal fatto che il capitale usa la natura alla stregua di qualsiasi merce e l’eccesso di produzione e di scarti finiranno, attraverso l’inquinamento, per rendere la natura stessa inutilizzabile per il capitale. O’Connor venne definito ecomarxista proprio in quanto prevedeva il superamento del capitalismo, in conflitto con natura e lavoro, e esponeva la tradizionale teoria marxista della contraddizione tra forze e rapporti di produzione, sovrapproduzione di capitale e crisi economica.

In breve, ci possono essere due percorsi per il socialismo nella tarda società capitalista: uno di sovrapproduzione e l’altro di sottoproduzione di capitale, che non si escludono a vicenda e che possono compensarsi l’un l’altro in modi che creano l’apparenza di processi relativamente stabili di sviluppo capitalistico. Da questo punto di vista O’Connor interpretava i “nuovi movimenti sociali” come agenzie di trasformazione sociale.

James O’Connor è stato da sempre impegnato nelle battaglie per la giustizia sociale nel mondo e per l’integrazione razziale negli Stati Uniti. Ha scritto testi fondamentali per la comprensione del capitalismo. Il più famoso dei suoi moltissimi libri tradotti in tutto il mondo resta “La Crisi fiscale dello Stato” del 1973 (in Italia, Einaudi 1979, con la prefazione di Federico Caffè) in cui si analizza la natura contraddittoria dello stato, che pretende di essere indipendente dal capitale (dalle classi dominanti), mentre invece ne serve gli interessi, senza svolgere la funzione di mediatore al fine di raggiungere il bene comune generale.
La pubblicazione della rivista “Capitalism Nature Socialism” (Cns), da lui fondata nel 1988 e diretta fino al 2003, ha segnato una svolta importante nel suo pensiero e anche nel suo modo di definirsi marxista e neo-marxista.

È di questo periodo la formulazione della “seconda” contraddizione, quella tra capitale e natura, seconda rispetto alla prima, quella tra capitale e lavoro – seconda perché emerge dopo la prima in senso temporale, senza tuttavia sostituirla.
La crisi ecologica si manifesta sia nel degrado ambientale, sia nei problemi di approvvigionamento dei beni naturali, a causa della loro riduzione o del loro esaurimento. Tali beni sono, in misura sempre maggiore, resi proprietà privata, mentre gli scarti creati dalla produzione capitalista, come i gas effetto serra o gli scarichi industriali, sono rilasciati nell’atmosfera o nei corsi d’acqua, spazi comuni dell’umanità. James O’Connor fa uso di una metafora: la natura “è un punto di partenza per il capitale, mai un punto di ritorno. La natura è un rubinetto economico e anche un tombino; un rubinetto, però, può esaurirsi e un tombino può tapparsi (…) Il rubinetto è quasi sempre di proprietà privata; il tombino di solito è di proprietà comune”

Attraverso la proposta del marxismo ecologico si evidenzia la contraddizione tra l’illimitata accumulazione capitalista e i limiti posti dalla natura, data la irreversibilità dei processi naturali.
Il formidabile intelletto di O’Connor si è integrato con l’impegno politico. Ciò si rifletteva nel suo coinvolgimento nelle lotte ambientali locali. Parte di attività è stata svolta scrivendo opuscoli accessibili a un vasto pubblico, compresi gli studi per gli studenti della Democratic Society negli anni ‘70 e per vari gruppi di attivisti ambientali e sociali negli anni ‘80. Il suo impegno politico è stato anche rappresentato dalla sua rete di relazioni e dall’organizzazione di eventi, con intellettuali di tutti i continenti.

James O’Connor ha lottato in un mondo intellettuale ostile per mantenere vivi i punti di vista marxisti e ricostruirli criticamente per superare le loro inadeguatezze storiche, specialmente per quanto riguarda l’ecologia. In tutto questo, non ha usato mezzi termini, ha mantenuto una linea politica chiara: lottare per la giustizia sociale, per i diritti del lavoro e per uno sviluppo umano equo e sostenibile in accordo duraturo con la terra.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search