Si apre un nuovo capitolo nella riduzione dell’orario
Dopo una campagna impegnativa, con scioperi di avvertimento e gli scioperi di 24 ore, la Ig Metall ha raggiunto un nuovo contratto per i metalmeccanici che contiene due elementi essenziali, cioè un aumento salariale del 4,3 % più alcuni pagamenti fissi e la possibilità di ridurre l’orario fino a 28 ore settimanali per un periodo massimo di due anni.
Si tratta di un accordo abbastanza complesso e complicato. Per quanto riguarda l’aumento salariale non c’è solo un aumento del 4,3 % a partire da aprile, ma anche un pagamento di 100 euro per i primi tre mesi. Per l’anno prossimo si è concordato un pagamento aggiuntivo del 27,5 % di una mensilità più un’una tantum di 400 euro. Il periodo di validità è di 27 mesi. Tutto sommato è un aumento considerevole e non male di fronte alla rivendicazione iniziale del 6 %.
L’elemento più interessante, però, è l’accordo sull’orario. A partire dal 2019 i lavoratori possono ridurre la settimana lavorativa fino a 28 ore per un periodo massimo di due anni. Dopo, possono ritornare alla settima di 35 ore.
Lavoratori che educano bambini, curano parenti o lavorano a turni possono scegliere se vogliono il pagamento aggiuntivo previsto per 2019 o otto giorni liberi.
Dall’altro lato, gli imprenditori possono prolungare la settimana lavorativa fino a 40 ore. Fino ad ora solo 18 % della manodopera di un’azienda poteva avere un orario di 40 ore.
Secondo il nuovo contratto è possibile un aumento fino al 30 % dei dipendenti in caso di mancanza di manodopera specializzata e col permesso del consiglio di fabbrica. Un vero compromesso.
Con questo contratto si apre una nuova fase nel dibattito sull’orario di lavoro.
Per la prima volta si è concordata, attraverso un contratto, una flessibilità nell’interesse dei lavoratori. La rivendicazione dell’Ig Metall di avere la possibilità di ridurre l’orario per un certo periodo e di poter ritornare all’orario normale è il risultato di un’inchiesta tra i lavoratori, con una grande maggioranza che ha chiesto di avere più tempo libero, in particolare per la famiglia.
Questo è anche la conseguenza del fatto che il lavoro nelle aziende viene sempre di più subordinato ai ritmi di produzione e di mercato, cioè alle esigenze del capitale, che non lascia molto spazio per i bisogni dei lavoratori. Dato questo, l’accordo raggiunto è certamente un successo.
Ciononostante ci sono alcuni punti problematici. Viene estesa la possibilità di aumentare la flessibilità, già abbastanza alta. Dipende dal rapporto di forze se questo sia più nell’interesse dei lavoratori o del capitale.
Un altro punto riguarda il pagamento, cioè la parità salariale, che è sempre un punto molto sensibile. La Ig Metall voleva una compensazione salariale almeno parziale per quelli che riducono l’orario. Non si è riusciti ad ottenerlo, anche perché questo sarebbe stato un aumento salariale aggiuntivo solo per una parte dei lavoratori.
Malgrado una certa ambiguità, questo accordo ha un’importanza politica molto alta.
La questione dell’orario è ritornata sulla scena. E questo riguarda non solo la durata della settimana lavorativa, ma anche l’organizzazione del lavoro e le condizioni di lavoro.
Si deve considerare che, dopo aver raggiunto la settimana di 35 ore, i sindacati hanno subito una sconfitta a livello aziendale perché il lavoro è stato principalmente organizzato secondo i bisogni del padronato. E molto spesso c’è stato una prolungamento della settimana lavorativa e un’intensificazione del lavoro.
Il contratto dei metalmeccanici deve essere un punto di partenza per un dibattito largo sull’orario di lavoro in generale. I cambiamenti nei processi produttivi, tra cui in particolare la digitalizzazione e le nuove forme di lavoro come i lavori atipici, esigono nuove risposte da parte dei sindacati.
La riduzione dell’orario è un elemento cruciale. Anche in considerazione dell’aumento della produttività, è necessaria una riduzione generale dell’orario a parità di salario.
Nella sinistra tedesca, ad esempio, c’è una discussione sulla richiesta di un orario di 6 ore al giorno e 30 ore settimanali.
Una campagna per una riduzione generale deve, però, combinarsi con la lotta per il governo dell’organizzazione del lavoro. Per questo occorre una partecipazione elevata dei lavoratori per quanto riguarda le condizioni del lavoro.
Una tale offensiva deve anche affrontare la questione della flessibilità, facendo giocare un ruolo maggiore al rapporto tra lavoro e famiglia (“work-life-balance”). Questo sicuramente non è facile. Si deve creare una cultura e un clima politico favorevole a queste richieste. E si deve comprendere che si tratta di una lotta di classe.