Ben lontani dal modello duale tedesco, l’alternanza scuola-lavoro si rivela uno strumento di sfruttamento e dequalificazione.
Il 13 ottobre scorso, in più di settanta città, gli studenti delle scuole superiori hanno invaso le piazze del nostro paese durante la manifestazione indetta dall’Unione degli Studenti. Ma non si sono limitati ai cortei mattutini: in molte città hanno messo in pratica attività di riqualificazione del proprio territorio e in particolare delle periferie, attraverso un singolare “sciopero alla rovescia” che, per la prima volta, ha coinvolto gli studenti. L’idea e la pratica è quella inventata, ormai più di sessanta anni fa, da Danilo Dolci che, nell’Italia dell’immediato secondo dopoguerra, guidò un gruppo di braccianti e lavoratori edili in sciopero per riqualificare la strada di accesso di Partinico, piccolo comune della Sicilia.
A partire da questa giornata e dallo sciopero dell’alternanza scuola-lavoro abbiamo messo in luce una delle trasformazioni più profonde oggi in atto, che sta minando le fondamenta della scuola pubblica in Italia. Se nel 2012 la ministra Aprea voleva consentire l’ingresso dei privati all’interno delle scuole, la “buona scuola” ha fatto il contrario: ha portato gli studenti direttamente nelle aziende. Senza alcun criterio di qualità, e accreditando anche quelle imprese che sfruttano e ricattano i lavoratori e inquinano i territori.
Gli studenti hanno svolto le loro esperienze in luoghi che limitano i diritti sindacali dei lavoratori e non rispettano i limiti di emissioni inquinanti. Alcuni esempi tra tutti sono quelli della Fiat Chrysler Automobiles e di McDonald’s: due tra i “campioni dell’alternanza scuola-lavoro” con cui il ministero dell’istruzione ha firmato un accordo nazionale per sfruttare gratuitamente gli studenti in alternanza per lavoro dequalificato. Come se ciò non bastasse, il più delle volte le aziende che ospitano studenti sono le stesse che devastano i nostri territori e l’ambiente, come l’Ilva di Taranto, il polo petrolchimico di Siracusa o la Total in Basilicata.
Da questi elementi nasce la necessità del codice etico per le aziende che ospitano studenti in alternanza scuola-lavoro, che le impegni secondo alcuni criteri stringenti in materia di tutela dei diritti dei lavoratori, formazione continua degli stessi, rispetto e tutela dell’ambiente, e infine completa estraneità da fenomeni di stampo mafioso. Gli studenti vivono ogni giorno esperienze che non hanno nessuna attinenza con il percorso di studio: studenti che sostituiscono lavoratori e aziende che non hanno la capacità di essere realmente enti formativi, perché esse stesse non fanno formazione ai lavoratori.
L’indagine che abbiamo condotto ci mostra dati molto preoccupanti: su un campione di circa 15mila studenti, il 38% rivela di aver dovuto sostenere spese proprie per il percorso di alternanza scuola-lavoro; il 57% ha svolto percorsi che non erano inerenti con il proprio indirizzo scolastico, e l’87% degli intervistati vorrebbe avere voce in capitolo sul proprio percorso di studi. L’alternanza scuola-lavoro, da strumento ulteriore della didattica - teoricamente volto a favorire l’integrazione nella scuola italiana del “saper fare”, attraverso una metodologia che alterni ore di applicazione pratica all’orario curriculare - è quindi diventata un’offerta di manodopera a costo zero per le aziende, come dimostrano i dati rilevati dalla nostra indagine.
Questo meccanismo è oggi il principale cavallo di battaglia dei sostenitori delle politiche neoliberali e della loro efficacia. Chiaro è lo sguardo verso cui si dirige questa lettura: il modello duale tedesco, con la sua pre-canalizzazione al mondo del lavoro. Ma da noi l’applicazione del modello duale, oltre alle enormi criticità insite nel modello, viene applicata in un contesto produttivo che nulla ha a che spartire con quello tedesco. I bassi livelli di formazione continua, l’elevato numero di aziende che investono sulla svalutazione del lavoro, e un enorme divario tra nord e sud negli investimenti sono i cardini del modello produttivo italiano.
I dati che abbiamo rilevato dimostrano come sia fondamentale e non più rinviabile uno statuto dei diritti delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola-lavoro. Questo strumento di garanzia per gli studenti deve contenere la gratuità complessiva delle esperienze di alternanza, permettendo agli studenti di accedere anche ai benefit aziendali, quali accesso alle mense e buoni pasto; la coerenza con il percorso formativo degli studenti e l’istituzione di commissioni paritetiche composte in egual numero da studenti e docenti, per far si che il percorso di alternanza sia codeterminato.