Il governo francese ha emanato il 31 agosto le ordinanze che riformano ancora una volta il diritto del lavoro. Meno diritti per i lavoratori e più poteri per le imprese: così possiamo riassumere questa “legge del lavoro XXL”. Questa ampia regressione sociale va molto più lontano di quanto intrapreso dall’ultima legge sul lavoro (El Khomri, agosto 2016) che ha portato ad un’esplicita condanna da parte del Comitato economico-sociale dell’Onu perché contraria agli impegni internazionali della Francia, ed è oggetto di un ricorso davanti all’Organizzazione onternazionale del lavoro. Per limitare qualsiasi dibattito e restringere ogni possibilità di contestazione, questa riforma a beneficio del solo padronato è stata adottata con una procedura che ha ridotto il ruolo del Parlamento a semplice notaio, e senza alcuna concertazione con i sindacati: una riunione di un’ora con ciascuno dei sei sindacati!
La Cgt si è immediatamente mobilitata per respingere questo pesante attacco ai diritti dei lavoratori. La legge facilita ancora i licenziamenti. Nonostante siano già numerose le possibilità per gli imprenditori di interrompere i rapporti di lavoro e la precarietà colpisca già milioni di persone, la legge XXL prevede una drastica riduzione dell’indennizzo per licenziamento illegittimo. Così, in caso di ricorso davanti al giudice, ci sarà un tetto massimo, con lo scopo di prevedere in anticipo il valore dell’indennizzo e ridurre l’incertezza per gli imprenditori che licenziano illegittimamente. Insomma, più un’impresa è grande, più potrà tranquillamente mettere a bilancio il costo di licenziamenti illegittimi. Già la legge El Khomri permetteva i licenziamenti in caso di semplice riduzione del fatturato. Ma non bastava, secondo il neo presidente Macron, in nome della lotta ai “freni alle assunzioni”.
La legge facilita anche i licenziamenti economici delle multinazionali: le loro “difficoltà” saranno valutate solo sul perimetro nazionale, e non sul quadro mondiale delle loro attività. La legge attacca anche la contrattazione sindacale, indebolendo il ruolo del sindacato in azienda. Nelle piccole imprese è possibile contrattare senza sindacato o delegati dei lavoratori, attraverso un referendum aziendale. Nelle altre imprese, le regole cambiano a seconda della dimensione, ma l’impostazione è la stessa: l’impresa potrà unilateralmente convocare un referendum dei lavoratori, saltando i sindacati. Un’arma che mette i lavoratori con le spalle al muro per imporre loro accordi rifiutati dai sindacati maggioritari.
Si inventa inoltre un nuovo organismo, il comitato sociale ed economico, che “unisce” le rappresentanze dei lavoratori. Questo nuovo organismo allontanerà i rappresentanti dalla loro base assorbendoli in istanze centrali, di impresa o di gruppo. La perdita di prossimità impedirà di vedere da vicino e di discutere con i lavoratori le reali condizioni di lavoro. E’ evidente la volontà di tenere a freno qualsiasi contestazione, e di asfissiare la democrazia sociale nel paese.
Ancora, la legge moltiplica i contratti precari con l’introduzione di “contratti di cantiere” (finalizzati al compito per il quale il lavoratore è stato assunto e al suo termine) anche se potranno essere stipulati solo in alcuni settori. E’ inoltre facilitato il ricorso ai contratti a termine: il loro allungamento e rinnovo si decide a livello di settore. Così ci si avvia progressivamente verso la fine del contratto a tempo indeterminato.
La nuova riforma persegue e generalizza l’inversione della gerarchia delle norme, iniziata dalla legge El Khomri. Nella maggior parte delle materie, l’accordo aziendale può derogare in peggio i contratti nazionali. Ad esempio, un semplice accordo aziendale potrà sopprimere gli incentivi salariali o aumentare la durata del contratto a termine. Se il lavoratore rifiutasse la modifica del suo contratto di lavoro, scatterebbe il licenziamento automatico per motivo incontestabile: dunque c’è il ricatto del licenziamento.
Si tratta, in effetti, del permesso agli imprenditori di negoziare le regressioni al livello loro più conveniente. In Francia il 50% dei lavoratori si trovano in piccole e piccolissime imprese, dove la presenza sindacale è debole, ma sono coperti dal contratto nazionale di settore. Con questa riforma saranno soggetti ad accordi aziendali regressivi in deroga ai contratti nazionali, con l’effetto di ampliare il dumping sociale tra le imprese francesi. Queste leggi marginalizzano il contropotere dei lavoratori, e sfociano in una profonda rimessa in causa dei valori e dei fondamenti del nostro sistema sociale. Questa è la ragione del forte appello della Cgt alla mobilitazione, a partire dalla giornata nazionale del 12 settembre, cercando l’unità sindacale più ampia possibile.