Il cristianesimo degli oppressi di François Houtart - di Giorgio Riolo

 

è difficile riassumere la ricchezza della vita, dell’azione e del pensiero di François Houtart e di ciò che ha rappresentato per la nostra generazione. Instancabile organizzatore e ispiratore. La vera anima internazionalista, senza protagonismo, e modesto, come le grandi personalità vere sanno essere. Il “prete rosso”, fu definito dai conservatori e dalla destra in Belgio. In realtà egli fece sempre la scelta evangelica, della testimonianza cristiana, del cristianesimo delle origini, per gli ultimi, i poveri, la classe operaia, i contadini. Quella che poi la Teologia della Liberazione definirà “l’opzione preferenziale per gli oppressi”. L’opzione preferenziale per le periferie del mondo, per l’Asia, l’Africa, l’America Latina. Allora il marxismo e il cristianesimo, così come le altre correnti storiche miranti all’emancipazione umana, come strumenti preziosi per la liberazione dei subalterni, dei discriminati, degli oppressi.

Fu uno dei più giovani professori all’Università Cattolica di Lovanio, nella quale insegnava sociologia delle religioni, e uno dei consulenti nel Concilio Vaticano II. Fu sempre nelle correnti cristiane e poi dei movimenti sociali per il cambiamento, dalla Teologia della Liberazione ai Cristiani per il socialismo. Sempre al fianco della rivoluzione cubana e della rivoluzione nicaraguense, e poi del “socialismo del XXI secolo” in Venezuela, in Ecuador, in Brasile, in Bolivia e negli altri paesi dell’America Latina.

Fondatore del Centre Tricontinental (Cetri) di Lovanio e della rivista Alternative Sud, nel 1997 diede vita, con Samir Amin, al Forum mondiale delle alternative, una delle anime originarie del movimento altermondialista e del Forum sociale mondiale, da Porto Alegre 2001 in avanti.

Ha scritto molto, tanti articoli, saggi, libri. La sua riflessione sull’agricoltura contadina su scala mondiale, sulla Teologia della Liberazione, sulla giustizia ambientale, unita sempre alla giustizia sociale, e, negli anni recenti, il suo “Manifesto per il bene comune dell’umanità” rimangono pietre miliari nei processi di emancipazione su scala mondiale. Recentemente operava a Quito, città nella quale è scomparso all’età di 92 anni, ospite grazie al rapporto storico con Rafael Correa, allievo a suo tempo all’Università Cattolica di Lovanio.

La tempra di François è stata quella, sempre più rara, del costruttore, del tessitore, del curatore amorevole delle relazioni umane e delle relazioni politiche per il cambiamento necessario del corso della società e della storia.

Agitatore di coscienze, come fu don Lorenzo Milani, come fu Giulio Girardi, per la giustizia sociale e per un mondo dal volto umano. Normalmente si dice che ci impegniamo a continuare la sua opera. Qui invece diciamo semplicemente che la sua è una perdita grande, incolmabile.

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