Cannabis: legale è meglio - di Roberto Giordano

 

Nelle cronache degli ultimi giorni è tornato nuovamente alla ribalta il dibattito sulla legalizzazione della cannabis. La cosa interessante è che le sollecitazioni in tal senso continuano ad arrivare dai settori della magistratura, delle forze dell’ordine e, fatto ancora più significativo, da parte di chi è impegnato quotidianamente nella lotta alla criminalità e alle mafie, e per la difesa dei diritti dei detenuti.

L’articolo del presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, sul manifesto è esemplificativo in questo senso. Muovendo dal principio antiproibizionista della centralità della libertà di scelta del singolo individuo, Gonnella ci mostra un percorso dal quale si evince con grande facilità che i tempi sono decisamente maturi perché, anche nel nostro paese, si giunga ad una normativa degna di un popolo civile.

Il problema non è quello di continuare a discettare intorno al grado di pericolosità della sostanza in questione - lasciamo volentieri questo tipo di discussione agli scienziati - bensì quello di comprendere come l’attuale normativa proibizionista abbia raggiunto soltanto risultati negativi. Basta leggere con attenzione le relazioni della Dia per comprendere come la lotta per la riduzione del traffico di cannabis sia assolutamente fallita.

Non solo, ma a normativa vigente - e in considerazione dei nuovi tipi di sostanze che si trovano sul mercato (spesso adulterate) - è di tutta evidenza che viene costantemente messa a rischio la salute dei consumatori, composti in parte consistente da giovani e giovanissimi. Infine basterebbe soltanto fare una ricognizione del sovraffollamento delle carceri italiane, per comprendere quanto esso sia determinato in parte considerevole da detenuti condannati per spaccio (spesso piccolo spaccio).

Soltanto per motivi di brevità non ci soffermiamo sull’impiego massiccio (e inutile) di risorse pubbliche, che potrebbero essere meglio utilizzate per un approccio preventivo invece che repressivo. Penso al ruolo delle forze dell’ordine, spesso impegnate nel contrasto al piccolo spaccio, ma che non garantiscono un contrasto reale al traffico in grande scala. Difatti, un eventuale processo di legalizzazione, sottrarrebbe alla criminalità organizzata, soltanto nel settore della cannabis, un mercato che vale circa 30 miliardi di euro l’anno.

Ora veniamo a noi: cosa c’entra la Cgil con la discussione intorno alla legalizzazione della cannabis? Intanto c’è da considerare che le proposte di legge depositate in Parlamento hanno già raccolto un consenso assolutamente trasversale fra le forze politiche. Inoltre – e questo è il punto centrale della discussione – riteniamo che un soggetto politico a valenza generale, qual è il sindacato confederale, abbia il dovere di assumere una posizione chiara su temi che riguardano la salute (in particolare dei giovani), il contrasto alla criminalità organizzata, l’impiego adeguato di risorse umane e finanziarie dello Stato, la libertà di coscienza.

Non sottovaluteremmo quest’ultimo punto, anche in relazione a quanto avviene nel settore sanitario circa l’applicazione della legge 194 (normativa sull’interruzione di gravidanza). In un paese fortemente condizionato dalla morale cattolica, accettiamo supinamente l’obiezione di coscienza in materia di aborto, tanto da inficiare la stessa applicazione della legge (per questo motivo interi presidi ospedalieri nel Lazio non sono in condizione di operare l’interruzione di gravidanza), e gridiamo allo scandalo quando la stessa libertà di coscienza è applicata ad un ambito che, tra l’altro, non coinvolge nessun soggetto terzo.

Insomma crediamo sia giunto il momento, anche per la nostra organizzazione, di avviare un dibattito interno che porti ad una posizione ufficiale, netta e chiara, anche in considerazione del fatto che larga parte dei nostri iscritti sono già orientati in modo positivo per un processo di liberalizzazione della cannabis.

La Cgil di Roma e del Lazio, il 14 giugno prossimo, alla presenza della segreteria nazionale della Cgil, proverà a dare il proprio contributo, dialogando con parlamentari (di sicuro interesse l’intervista a Luigi Manconi), operatori (Sert, polizia penitenziaria, polizia di stato, terzo settore), studenti e addetti ai lavori (avremo anche un intervento di Libera). Proveremo a dare il nostro contributo affinché si riesca a coniugare le battaglie per i diritti civili e per la libertà di scelta, con quella più generale per la lotta alla criminalità e per il diritto alla salute, con l’obiettivo di affermare anche nel nostro paese una normativa sulla legalizzazione della cannabis.

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