Il lavoro al centro: un election day per i referendum - di Giacinto Botti

 

I camper del Comitato per i 2 Sì ai nostri referendum su voucher e appalti, a sostegno della Carta dei diritti, sono partiti e stanno attraversando l’Italia. E’ una campagna in salita, come c’era da aspettarsi: i nostri due referendum sono ancora rimossi dalla politica e dal governo, cui spetta il compito di fissarne la data. La Cgil lo ribadisce ogni giorno: votare, e sapere quando poterlo fare, è un diritto democratico dei cittadini! Così com’è di buon senso chiedere di far coincidere i referendum con le elezioni amministrative.

Un election day che, oltre a ridurre i costi, favorirebbe la partecipazione dei cittadini, allargando la possibilità di esprimere un giudizio su questioni di interesse generale. A meno che questo governo e il presidente del consiglio non vogliano ripercorrere la strada antidemocratica di evitare di cimentarsi sul merito e di giocare la carta delle elezioni politiche anticipate, o dell’astensionismo per non giungere al quorum, come fu in occasione del referendum sulle trivelle.

Se così fosse, si confermerebbe ancor più la sostanziale continuità con il governo Renzi, insieme all’assoluta cecità della politica e del partito di governo di fronte a quanto avvenuto con il voto del 4 dicembre. Cecità che presuppone un’arroganza da uomo solo al comando che ancora affligge l’ex presidente del consiglio ed ex segretario di un partito, il Pd, ormai in disgregazione e in implosione proprio per la lontananza dal paese reale e dal mondo del lavoro. Un “ex” che detta l’agenda al governo e vorrebbe farsi incoronare in un congresso “di conta”, per arrivare al proprio “election day”, con l’abbinamento delle politiche anticipate alle amministrative, facendo slittare al prossimo anno i nostri referendum.

Siamo attenti e rispettosi a quanto sta avvenendo in tutta la sinistra politica, consapevoli della non autosufficienza di una confederazione generale che è soggetto politico di rappresentanza sociale, ma che non può, né vuole sostituirsi alla politica e ai partiti, e si fa forza della propria autonomia di proposta e di iniziativa, da mantenere e rafforzare in un quadro sconfortante per l’intera sinistra.

Nel disordine globale e nazionale, non è più sopportabile la lontananza della politica dall’esistenza concreta delle persone. Noi, con i nostri legami di massa nel fare sindacato, lo sappiamo bene e cerchiamo di porre un argine. Ma chiediamo con forza al governo di cambiare le politiche e le scelte fallimentari del passato, alla sinistra di ritrovare identità, orizzonte strategico e di tornare a mettere al centro il lavoro e la condizione sociale ed economica dei ceti popolari.

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