La giornata della memoria ci richiama alle persecuzioni di ieri e di oggi. Forse stiamo arretrando globalmente nel processo democratico.
Il 27 gennaio è stata la giornata della memoria e anche quest’anno Cgil Lombardia ha organizzato il treno della memoria, coinvolgendo studenti, testimoni, altre organizzazioni sindacali.
Un anno fa ho partecipato a questa esperienza che cambia per sempre il modo di vedere quello che è accaduto: non più solo drammatiche immagini, ma guardare in faccia l’orrore a cui può arrivare l’uomo. Non ho smesso di domandarmi perché, come è potuto accadere; di cercare di capire cosa fare perché non possa accadere più. Persone ben più esperte di me, studiosi, gli stessi testimoni che si vergognavano a raccontare quanto subito, ancora oggi faticano a trovare una plausibile spiegazione che possa attenuare solo parzialmente quanto accaduto.
Credo però che una sottile ma costante linea di indifferenza colleghi tanti episodi diversi per entità, ferocia, determinazione, eppure mi domando quante cose lasciamo che accadano senza prendere posizione? L’olocausto si distingue sempre per la lucidità e la determinazione durata anni nell’identificare una “razza”, un gruppo che doveva essere sterminato. Non è stata solo follia ma anche una determinazione scientifica, cosa che ancora risulta difficile da capire è che deve essere capita e studiata.
Eppure la stessa tragedia ci consegna delle suddivisioni: olocausto degli ebrei, degli zingari, degli oppositori politici; talvolta ricordati separatamente, ancora con imbarazzo, olocausto degli omosessuali. Non sono solo vittime? Etichettare queste tragedie rischia di ridurle a problemi di un solo gruppo o categoria. Coloro che muoiono nel mare sono solo “migranti”, i prigionieri delle carceri siriani “oppositori di regime”, le vittime dell’Isis “martiri”? Non stiamo forse arretrando globalmente nel processo democratico?
Nella vicina Turchia ormai da più di un anno assistiamo alla sospensione dei diritti civili, mentre è in attesa di entrare nella comunità europea. Quello che avviene in Russia è sotto gli occhi di tutti, non diverso dal regime siriano che usa i criminali dell’Isis per eliminare gli oppositori.
In questi giorni ricorre il giorno della memoria delle foibe, lo riduciamo ad un altro sottogruppo di crimini ingiustificabili? Non è un tentativo di semplificare questioni complesse, quanto il tentativo di non capire se abbiamo imparato almeno in parte la lezione. Proprio in questa logica perversa vanno le barriere ai paesi “islamici” attuati da Trump nel parallelismo fra Islam e terrorismo, o i muri eretti in Ungheria contro gli immigrati, sinonimo ancora una volta di terrorismo. A dimostrazione che nulla si è imparato. Sapremo far fronte alla nostra indifferenza, e dare una risposta costante ed efficace?