Che il futuro dell’umanità dipenda dalla libertà e dall’emancipazione delle donne è un concetto ampiamente provato, eppure ancora da affermare e difendere come principio e pratica in molte, troppe parti del mondo. La strada necessaria per raggiungere l’obiettivo rimane lunga e tortuosa, contro ogni logica e ragionevolezza.
Un nuovo segnale di fiducia ed incoraggiamento arriva quest’anno dalla decisione del Comitato per l’assegnazione dei premi Nobel, che sono i riconoscimenti più prestigiosi del mondo per chi si impegna nei campi della conoscenza umana e porta a “considerevoli benefici all’umanità”. Dall’anno dell’istituzione nel 1901 ad oggi, il comitato norvegese aveva premiato in totale solo 64 donne su 992 persone. La grande novità è che quest’anno quattro premi su sei vanno a: Narges Mohammadi, attivista iraniana con il Nobel per la Pace; Claudia Goldin, economista statunitense, per l’Economia; Katalin Karikó, biochimica ungherese, per la Medicina e Anne L’Huillier, fisica francese, per la Fisica. Karikò e L’Huillier condividono il riconoscimento con colleghi uomini con cui hanno fatto ricerche e scoperte nei loro campi.
A poco più di un anno dalla morte in custodia della polizia della giovane Mahsa Amini, che ha dato il via a una rivolta popolare violentemente repressa in Iran, Narges Mohammadi, attualmente detenuta nelle carceri della Repubblica islamica, è stata premiata “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e a favore dei diritti umani e della libertà per tutti”. Scegliendo Narges, sono state premiate “anche le centinaia di migliaia di persone che, nell’ultimo anno, hanno manifestato contro le politiche di discriminazione e oppressione del regime teocratico nei confronti delle donne”, ha spiegato il presidente del Comitato, Berit Reiss-Andersen.
Vicepresidente del Centro per i difensori dei Diritti Umani, fondato da Shirin Ebadi – anch’essa insignita del Premio Nobel nel 2003 - Mohammadi è stata ripetutamente condannata e imprigionata negli ultimi 25 anni per la sua coraggiosa e incessante campagna contro il velo obbligatorio delle donne e la pena di morte. L’ultima volta è stato nel 2022, e da allora le sono state negate le cure mediche, nonostante soffra di una grave malattia polmonare.
All’annuncio del premio, le Nazioni Unite hanno chiesto l’immediato rilascio di Narges, mentre lei dal carcere di Teheran dichiarava: “Non smetterò mai di lottare per la democrazia, la libertà e l’uguaglianza in Iran, anche se trascorrerò il resto della mia vita in prigione. Resterò in Iran al fianco di tutte le coraggiose mamme e donne iraniane contro la discriminazione, la tirannia e l’oppressione di genere del regime religioso finché non saremo libere. Il Nobel mi renderà più resiliente, più determinata, più ottimista e più entusiasta in questo percorso”.
Claudia Goldin, professoressa ad Harvard, ha ricevuto il Nobel per l’Economia per “aver fornito il primo resoconto completo dei redditi delle donne e della loro partecipazione al mercato del lavoro nel corso dei secoli. La sua ricerca rivela le cause del cambiamento e le principali fonti del divario di genere ancora esistente”. Specializzata in storia economica, ha messo in luce come siano cambiati i principali fattori di differenza nei tassi di reddito e di occupazione tra uomini e donne con il progredire dell’industrializzazione. Il suo lavoro, avviato negli anni ’70, è stato ed è fondamentale per spiegare sia perché le donne sono state sottorappresentate nel mercato del lavoro per almeno due secoli sia perché, ancora oggi, continuano a guadagnare meno degli uomini, scontrandosi con il “soffitto di vetro”.
La storica ha compilato enormi database risalenti all’inizio del XX secolo sulla formazione, le qualifiche, i salari, i lavori e le carriere delle donne negli Stati Uniti. Ha provato che l’entrata e l’uscita delle donne americane dal mercato del lavoro è stata una risposta ai cambiamenti della società, agli shock o agli incentivi esterni: la trasformazione economica e industriale successiva alla Seconda guerra mondiale, l’introduzione della pillola contraccettiva, l’arrivo di un figlio, le pratiche di assunzione o la gestione delle carriere nelle aziende e nelle organizzazioni. Il pensiero di Claudia Goldin conferma l’impossibilità di concepire separatamente teoria e azione: la teoria economica femminista studia il sistema economico fondato sulla disuguaglianza di genere e ne analizza gli elementi. Su questi presupposti, avanza proposte di cambiamento e di progresso.