Khaled el Qaisi, cittadino italiano - di Pericle Frosetti

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Khaled el Qaisi, cittadino italiano che si trovava con moglie e figlio nei Territori su cui si esercita il governo della Autorità nazionale palestinese, autorità riconosciuta dalla comunità internazionale, Italia compresa, e formalmente dallo stesso governo israeliano, è stato rilasciato dal carcere un mese dopo essere stato arrestato da agenti di frontiera israeliani.

El Qaisi, di origini palestinesi e italiane e con doppia cittadinanza, è studente presso il Dipartimento di Lingue e Civiltà Orientali dell’Università La Sapienza di Roma. Collabora con i Giovani Palestinesi d’Italia ed è anche uno dei fondatori del Centro di Documentazione Palestinese.

El Qaisi era stato arrestato il 31 agosto dalla polizia di frontiera delle forze di occupazione al valico di Allenby, che collega la Cisgiordania occupata e la Giordania. Si stava recando con i familiari ad Amman per prendere l’aereo per rientrare in Italia. Anche suo fratello e due cugini sono stati arrestati dalle forze di occupazione. Le autorità israeliane hanno sequestrato i bagagli e i telefoni cellulari della famiglia. La moglie di El Qaisi, Francesca Antinucci, è stata sottoposta a interrogatorio prima di essere espulsa in Giordania insieme al bimbo (senza cellulare e senza bagagli).

El Qaisi aveva portato il bambino di quattro anni a Betlemme, a casa dei parenti nella sua terra, ed anche per fare i fogli per il riconoscimento della cittadinanza palestinese del figlio. Era poi ripartito per la Giordania, da dove sarebbe rientrato a Roma. Parenti, amici, conoscenti dicono che il giovane ha semplicemente trascorso le vacanze nei luoghi dove era cresciuto da ragazzo.

El Qaisi è stato tenuto in isolamento nel famigerato centro di detenzione di Petah Tikwa e sottoposto a interrogatori quotidiani. La sua detenzione è stata rinnovata due volte nelle udienze tenute il 7 e 14 settembre, senza che alcuna accusa fosse dettagliata. Nell’udienza del 21 settembre la sua detenzione era stata prorogata per altri 11 giorni. Dopo l’udienza del primo ottobre, il tribunale di Rishon Lezion ha approvato il suo rilascio dietro cauzione, pagata da suo zio. Tuttavia il passaporto di El Qaisi rimane confiscato e gli è stato vietato di viaggiare fuori dalla Palestina. Per il giorno 8 ottobre è fissata una nuova udienza.

La mobilitazione dell’opinione pubblica e la cittadinanza italiana di Khaled El Qaisi hanno aiutato nella pressione sulle autorità israeliane, ma il suo non è un caso isolato di “detenzione amministrativa”. Israele ha battuto un record trentennale per quanto riguarda il numero di palestinesi detenuti illegalmente nell’ambito della controversa procedura di detenzione amministrativa. Secondo i dati aggregati dell’Onu, in questo momento sono in detenzione amministrativa, senza processo e spesso senza nemmeno che sia stata comunicata una ragione per l’arresto, 1.264 palestinesi.

La detenzione amministrativa è una forma speciale di custodia cautelare, risalente al periodo del mandato britannico e inserita successivamente nell’ordinamento israeliano, che prevede la custodia senza accuse ufficiali né processo, sulla base di rapporti confidenziali dell’esercito o dei servizi segreti, che non possono essere visionati nemmeno dai legali dei detenuti, e che identificano l’accusato come possibile minaccia allo Stato. L’ordine di detenzione amministrativa israeliana dura sei mesi ed è rinnovabile senza limiti di tempo, una pratica che viola il diritto internazionale ed è stata condannata più volte dalle Nazioni Unite.

L’arresto di El Qaisi è illegale, e il trattamento riservato a lui e i suoi familiari avrebbe dovuto muovere a ferma protesta il governo italiano. Ma la Farnesina ha definito El Qaisi “detenuto in attesa di giudizio”. Il nostro concittadino, purtroppo, non sembra godere della protezione e delle attenzioni del governo italiano. Il governo Meloni, evidentemente, non vuole irritare il governo israeliano, al punto da non tutelare con la necessaria fermezza un cittadino italiano trattenuto all’estero contro la sua volontà, e si dimostra incapace di protestare anche formalmente per il trattamento riservato a Khaled, a sua moglie e al suo piccolo.

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