S. Vassallo e R. Vignati, Fratelli di Giorgia, il Mulino, pagine 291, euro 18.
Per comprendere l’affermazione di Fratelli d’Italia alle elezioni del 25 settembre scorso all’interno della coalizione di centro-destra e l’ascesa anche a livello internazionale di Giorgia Meloni in qualità di leader indiscussa, è finalmente a disposizione la poderosa e accurata ricerca di Salvatore Vassallo, direttore dell’Istituto Cattaneo, e Rinaldo Vignati, “Fratelli di Giorgia”.
Sono molteplici i fattori che hanno permesso a questa formazione, discendente da quella fiamma che ha avuto per segretari del Msi Arturo Michelini e Giorgio Almirante, di sapere interpretare l’umore della maggioranza degli elettori di centro-destra. Il richiamo a Michelini e Almirante è fondamentale per ritornare con la memoria storica a quella generazione post-resistenziale che, battendosi per una Nuova Repubblica presidenziale, consegnò la sua eredità a Gianfranco Fini, con l’obiettivo di “superare l’identità nostalgica”, rivolgendosi alla cosiddetta maggioranza silenziosa democristiana per allargare i consensi del partito.
Infatti Fini - sdoganato rispetto alla pregiudiziale antifascista nel 1993 da Berlusconi come candidato a sindaco di Roma - collocando il tragitto di Alleanza Nazionale in quella direzione incrementò notevolmente i consensi di una destra “rinnovata”, che giudicava “le leggi razziali come un male assoluto”.
Senonché la successiva confluenza di An nel Popolo delle Libertà si rivelò più che fallimentare, poiché la rottura di Fini con Berlusconi, in seguito ad uno scandalo che macchiò la sua reputazione politica, e la conseguente fondazione di Futuro e libertà per l’Italia si tramutò, nel 2013, in un catastrofico 0,49% dei voti.
Diversamente, i 9 seggi spettanti a Fdi alla Camera, con un risultato inferiore al 2%, fecero decollare quel partito per opera di una terza generazione missina, proveniente in particolare dal gruppo romano dei “Gabbiani”, con lo scopo di emanciparsi da una figura politica ingombrante come quella di Berlusconi.
Dopo una prima fase finalizzata a strutturare il partito, è con le Tesi di Trieste del 2017 che verrà definita la sua fisionomia nazional-conservatrice, mentre in funzione anti-globalista non vi saranno scrupoli ad utilizzare il pensiero di Gramsci e di Pasolini. Al contempo, sul piano organizzativo, Giorgia Meloni sarà acclamata leader naturale per via “del suo talento comunicativo”; invece la selezione dei dirigenti e dei quadri avverrà su basi sostanzialmente fiduciarie. Quindi, la fase di consolidamento del partito si caratterizzerà per una precisa strategia di accreditamento a livello europeo ed internazionale, grazie all’adesione di Fdi al partito dei Conservatori e Riformisti europei, dato che nel gruppo Identità e democrazia a tirar le fila era il duo Salvini-Le Pen, assai scomodo sul piano della concorrenza.
A favorire quest’operazione è stato un politico abile quale Raffaele Fitto, che dopo il fondatore Guido Crosetto è stato l’altro acquisto significativo di Fdi, mentre la Meloni diventerà la presidente del partito grazie ai buoni rapporti con gli spagnoli di Vox. In ragione di questo percorso i toni antieuropei saranno sempre più marcati, tra attacchi alla grande finanza, a Macron e Merkel, nonché all’“invasione islamica” e alla “sostituzione etnica”, in pieno accordo con il gruppo di Visegrad.
Allo stesso modo, oltre oceano, la Meloni conquisterà l’abbraccio con Trump e i repubblicani, mentre sarà sferzante contro Obama, lapidariamente definito “un amico dei fondamentalisti islamici”. Per non parlare dell’esaltazione di Putin quale difensore dei valori tradizionali, e perciò della inderogabile necessità, in una logica di collaborazione dell’Europa con la Russia, di eliminare le sanzioni economiche imposte dopo l’annessione della Crimea.
Intanto sul piano interno, mediante la retorica del blocco navale nel Mediterraneo, scatterà la competizione con Salvini sulle tematiche dell’immigrazione. Altresì la Meloni accentuerà i discorsi emotivi e affettivi, presentandosi come la madre che difende gli interessi della patria contro i nemici esterni ed interni. Anche il libro “Io sono Giorgia” è stato pensato al fine di popolarizzare ulteriormente la sua immagine e la sua persona a livello di massa. Siamo, per Vassallo e Vignati, nel pieno dell’ondata populista, con un conflitto sul fronte delle identità decisamente aspro tra “tradizionalisti” e “cosmopoliti”.
Con la complicità suicida del “voto utile” e della scarsa attrattività dell’ex-sinistra, i consensi a Fdi segnalano uno sfondamento maggiore al Nord rispetto al Sud, grazie alla conquista di svariate categorie sociali. Nell’odierna società competitiva e individualista il messaggio “produttivista” di Fdi, “libertà assoluta per le imprese di operare a loro piacimento”, si è affermato senza alcun rilevante contrasto. Ora, con la responsabilità del governo del Paese e di un certo ruolo in Europa, è evidente il camaleontismo politico della Meloni, come nel caso del sostegno filo atlantico a Zelensky o di un alquanto dubbio protagonismo dell’Italia sullo scenario internazionale.