Giovanna Procacci, Domenico Rizzuti, Fulvio Vassallo Paleologo (a cura di), Processo alla solidarietà. La giustizia e il caso Riace, Castelvecchi Editore, pagine 198, euro 17,50.
Il 30 settembre 2021 il tribunale di Locri, come noto, con una sentenza che ha fatto gridare allo scandalo, ha condannato Mimmo Lucano e altre 18 persone a circa 80 anni di carcere, di cui 13 anni e due mesi per il solo Lucano, principale imputato.
“Secondo un luogo comune, peraltro infondato, le sentenze - come ci ricorda Livio Pepino in apertura del suo contributo al libro - non si discutono. Vanno accettate per quel che sono. Né si valutano in base all’utilità contingente, o in base al gradimento soggettivo. E gli attacchi ai giudici diretti e delegittimanti sono inaccettabili e pericolosi”.
“Ma non per questo le sentenze vanno messe al riparo di ogni vaglio critico … Nessuna sentenza si può assumere come verità assoluta, anche quelle di ultima istanza. E non è il caso nostro. Anzi le critiche servono al buon giudice - ricorda ancora Pepino - molto più dei riconoscimenti”.
Da questo assunto siamo partiti lo scorso 19 novembre quando con un gruppo di giuristi, studiosi, attivisti e testimoni di quella esperienza unica, abbiamo deciso, dopo un’interessante discussione on line, di fare questo libro. Un libro per analizzare e mostrare, attraverso contributi puntuali, la natura vera di questo processo. Un processo contro una esperienza, e il suo promotore, che è riuscita ad evitare la guerra tra gli ultimi ed i penultimi alimentata dalle centrali leghiste e di destra dell’odio, che ha rovesciato il senso delle cose e la stessa presunzione di innocenza - come ci ricorda Fulvio Vassallo - di cui all’articolo 48 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Ue e all’articolo 27 della nostra Costituzione.
Mentre il processo d’appello di Mimmo Lucano e degli altri condannati in primo grado, contro una sentenza definita “aberrante” da ogni punto di vista, è in corso di svolgimento, questo libro fa documentalmente nuova luce sulla vicenda, attraverso il puntuale esame del monitoraggio di quasi tutte le udienze e della sentenza, e della requisitoria della procura generale di Reggio Calabria, frutto di un impagabile lavoro di Giovanna Procacci.
Il libro smonta le motivazioni di una sentenza e di una vicenda giudiziaria e politica kafkiana, attraverso una coerente sequenza di approfonditi contributi che vanno dal prologo di Luigi Ferraioli all’epilogo di Luigi Manconi e Lucrezia Fortuna. Titolo e sottotitolo, “Processo alla solidarietà. La giustizia e il caso Riace”, rendono chiaro l’obiettivo che il libro si pone.
In esso, il dipanarsi degli interventi che muovono da ottiche disciplinari diverse, supportati da puntuali testimonianze, mostra come la costruzione giudiziaria (inchiesta, processo di Locri, sentenza, requisitoria della procura generale di Reggio Calabria nell’appello in corso), più che su “prove di inequivoco significato” si fondi su presupposti ideologici e banali luoghi comuni, snaturando quella che dovrebbe essere la funzione di qualsiasi processo: fare luce su una vicenda fornendo prove concrete ed inequivocabili per la condanna o l’assoluzione del presunto reo. Al tempo stesso getta un’opaca luce sullo stesso ruolo dei giudici. Illuminante su quest’ultimo punto il prologo di Luigi Ferraioli.
Un processo e un caso in cui il rapporto politica e giustizia in Italia incrocia i grandi temi della pace e della guerra, delle migrazioni, della depredazione di interi Paesi e di un grande Continente, dello stupro del pianeta, della negazione dei diritti umani, del “diritto ad avere diritti”.
Un processo e un caso che esprimono l’apice dell’attacco ad un’esperienza collettiva ventennale, che ha mostrato e continua a mostrare al mondo la possibilità di concretizzare, in uno sperduto paesino in abbandono dell’ex Magna Graecia, candidato a Nobel per la Pace 2019 con il sostegno di 100mila firme, l’utopia di una nuova umanità, riannodando i fili dell’ospitalità omerica, dell’utopia di Tommaso Campanella verso un mondo di uguaglianza e fratellanza, e il diritto cosmopolitico di Immanuel Kant.
Mostra la forza degli ultimi che, se collocata e alimentata dal sogno e dall’utopia di un mondo e di un’umanità migliore, non cede all’arroganza del potere. Cade, rinasce e riparte, anche dopo gli attacchi più devastanti, con la forza e il sostegno della solidarietà (decisivo l’apporto della grande sottoscrizione promossa dalla onlus “A Buon Diritto”, presidente Luigi Manconi), e si pone come alternativa concreta alle politiche dominanti dei muri e delle bombe, capace di scongiurare l’incubo dell’apocalisse nucleare.
Offre un esempio concreto che indica la via per mantenere vivo il cammino verso un “Patto dell’Umanità” che si sostanzi in una Costituzione della Terra perché la vita possa continuare sul pianeta, ad un’Europa che ha smarrito lo spirito del Manifesto di Ventotene e della sua Carta dei Diritti fondamentali, e ad un mondo che ha cancellato i “mai più” seguiti all’immane tragedia della Seconda guerra mondiale.