Il 10 dicembre 2019 Safilo ha presentato un piano industriale quadriennale che prevedeva settecento esuberi (sui 2.600 lavoratori complessivi): quattrocento nello stabilimento di Longarone (BL); cinquanta nel quartier generale di Padova; duecentocinquanta nel sito produttivo di Martignacco (UD) che è stato chiuso. A sostanziare la crisi è stata la perdita della licenza Dior, la più importante del suo portafoglio che sarà prodotta da Thelios (joint venture tra Lvmh e Marcolin) di Longarone.
Il 27 gennaio scorso Safilo, nel confermare l’importanza dei siti di Santa Maria di Sala (VE), di Bergamo e del polo logistico di Padova, comunica di considerare lo stabilimento di Longarone “non più strategico”, nonostante l’azienda abbia chiuso il bilancio 2022 tornando sopra la soglia del miliardo di euro di ricavi, con una crescita di oltre l’11% sull’anno precedente. Comunicazione elegante, ma drammatica, per affermare che i 475 posti di lavoro attuali non sono più necessari. Una scelta ingiustificata, assurda e di spregio assoluto nei confronti delle persone e del territorio bellunese.
Una scelta resa ancor più grave dal fatto che ci troviamo di fronte al mancato rispetto degli impegni presi nel precedente piano industriale, che stabilivano la gestione degli esuberi nei tre stabilimenti senza prevedere il disimpegno di Safilo in nessuno dei tre siti del Veneto. Al contrario, veniva condiviso con tutti gli attori politico-economici-sociali che Longarone sarebbe diventato “il gioiellino della produzione in metallo”!
Questa scelta apre uno squarcio in tre ambiti. Il primo riguarda la compromissione del futuro lavorativo di 475 famiglie. Il secondo riguarda il depauperamento (in termini di professionalità e di occupazione) del territorio bellunese. Il terzo riguarda la rinuncia di fatto di Safilo ad avere un ruolo nel mercato eyewear di lusso nel nostro paese.
Ricordo che l’Italia - il territorio di Belluno - occupa il 20% del mercato mondiale e il 70% del segmento del lusso e del made in Italy. Se il territorio bellunese ha la sua forza nel collocarsi al crocevia tra locale e globale, e questa dinamicità sconta anche le pressioni e le contraddizioni della globalizzazione e delle proprietà e dei mercati, Safilo (detenuta dal fondo svedese Hal) con questa scelta scarica le contraddizioni della competizione sull’unica leva rappresentata dal costo del lavoro, ossia sulle lavoratrici e sui lavoratori di Longarone. E questo è inaccettabile.
È nostro obiettivo aprire un tavolo contrattuale fin da subito, in quanto è impensabile procedere confrontandosi solamente attraverso i momenti istituzionali (in Regione Veneto) e al tavolo presso il ministero delle Imprese e del made in Italy (nostra richiesta del 30 gennaio scorso), per definire scelte industriali e prospettive di salvaguardia occupazionale, produttiva e sociale.
Dopo una prima giornata di sciopero con assemblee (27 gennaio) nello stabilimento di Longarone, e una tornata di assemblee in tutti i siti produttivi del Veneto, si è costituito il Comitato di sorveglianza socio-istituzionale per la gestione della crisi Safilo. La proposta è stata condivisa in maniera unanime dal tavolo convocato dal sindaco di Longarone e presidente della Provincia di Belluno, a cui hanno partecipato i rappresentanti parlamentari e i consiglieri regionali bellunesi, i presidenti delle Unioni Montane Belluno-Ponte, Feltrina, Valbelluna e Centro Cadore, i sindaci di Soverzene e Pieve di Cadore, le sigle sindacali territoriali e regionali confederali e di categoria Cgil Cisl Uil e i rappresentanti di Confindustria Belluno Dolomiti, oltre a una delegazione di lavoratori.
L’obiettivo è la salvaguardia del sito produttivo, dove oggi sono impiegati poco meno di 500 lavoratori, residenti soprattutto nella zona Longarone-Cadore-Ponte, ma anche in Valcellina e in diverse parti della Valbelluna.
L'8 febbraio si è tenuto lo sciopero generale del gruppo Safilo, con una grande manifestazione (oltre mille partecipanti) a Longarone che ha visto la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori di Safilo Group, dei sindaci del bellunese, dei rappresentanti parlamentari e regionali veneti, della cittadinanza e di diverse delegazioni sindacali e Rsu di Belluno e del Veneto.
Ora diventa fondamentale aprire un confronto serrato per contrastare l’ipotesi concreta di dismissione dello stabilimento di Longarone e definire un piano alternativo prima che l’azienda, il 10 marzo, presenti il piano industriale, non condiviso con i sindacati, che concretizzi questa sciagurata ipotesi, figlia di scelte finanziarie e di una visione miope.
Al contrario, per noi è fondamentale un piano industriale condiviso e costituito da scelte di sviluppo, attraverso strategie che coinvolgono ogni aspetto quali occupazione, design, produzione, scelta dei materiali, qualità e innovazione, professionalità e territorio. Fattori fondamentali del mercato dell’eyewear, e tratto distintivo del distretto dell’occhialeria bellunese.