Si può fare. Si può mantenere in mano pubblica la gestione del servizio idrico integrato, e investire i guadagni per migliorare ulteriormente i processi industriali che assicurano ai cittadini una buona acqua del rubinetto, una depurazione efficace per non inquinare ulteriormente l’ambiente, e un sistema di fognature adeguato agli a stravolgimenti climatici con cui ormai dobbiamo fare i conti. Il gruppo Cap, gestore del servizio della Città metropolitana di Milano e di alcuni comuni delle province di Monza e Brianza, Pavia, Varese e Como, è un’azienda totalmente ‘in house’, cioè pubblica. Le quote della società sono detenute dagli enti locali, così come chiedeva il vittorioso referendum del 2011 in cui la maggioranza degli italiani si era pronunciata nettamente contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Da sottrarre, a partire dall’acqua, al “mercato”, in cui l’unica regola è la ricerca del profitto. Di fronte al moltiplicarsi di casi in cui la gestione dell’acqua, bene primario per eccellenza, viene sottratta agli enti pubblici e affidata a società per azioni di fatto dominate dalle multinazionali del settore, come accaduto ad esempio in Toscana, l’esperienza milanese sfata anche la diceria di una presunta inefficienza del servizio. A riprova, il bilancio 2021 di Cap racconta di una crescita dei ricavi (+11%), degli utili (+47%) e degli investimenti (+21%) sull’anno precedente, con 382 milioni di euro di fatturato e un risultato netto d’esercizio di 27 milioni. Davvero niente male per la prima azienda nel settore idrico ‘in house’ italiana per patrimonio, e tra le prime per abitanti serviti visto che 2,5 milioni di lombardi ne sono utenti. Quanto agli investimenti, Cap sta affiancando la Città metropolitana di Milano per l’elaborazione e la presentazione di un piano mirato di interventi sul territorio per dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), composto da oltre 200 interventi per un totale di oltre 81 milioni di euro. Progetti che hanno l’obiettivo di mitigare l’impatto del cambiamento climatico e i rischi di dissesto idrogeologico nel territorio dell’area metropolitana. Silvia Martorana lavora per il gruppo Cap dal 2006, ed ha visto l’evoluzione dell’azienda che, in questi anni, ha progressivamente ampliato il suo bacino di utenza, fino ad arrivare ai 133 comuni attuali serviti per acquedotto e fognatura, che salgono a 154 per la depurazione. “Un tempo c’erano cinque società diverse che si occupavano del servizio idrico integrato, e molti Comuni avevano la loro municipalizzata di riferimento, poi è stato avviato un processo di unificazione”. Gli addetti diretti di Cap sono circa un migliaio, sanno di assicurare un servizio essenziale ai cittadini. Martorana si è sempre occupata della comunicazione, ultimamente anche della sostenibilità, parola quantomai attuale in tempi di stravolgimenti climatici e di inquinamenti sempre più massicci. “Bisogna raccontare ai cittadini quello che facciamo - spiega - i servizi che offriamo. L’acqua potabile che hai a disposizione girando semplicemente il rubinetto ha una sua storia. Incontriamo gli studenti nelle scuole, educhiamo al consumo responsabile, appunto alla sostenibilità. Facciamo vere e proprie campagne di comunicazione”. Martorana è contenta del suo lavoro, ritiene (giustamente, ndr) di svolgere un ruolo di pubblica utilità. “La siccità di questi ultimi mesi - racconta - per fortuna non ha inciso troppo sul nostro lavoro, l’acqua viene estratta da falde molto profonde. Ha avuto più difficoltà il settore agricolo, in una stagione che ha visto il lago di Como ai minimi storici, mai così basso. Ora ci sono in cantiere dei progetti per non utilizzare più l’acqua potabile in certe situazioni, come ad esempio lavare le strade, irrigare i campi da calcio. Guardiamo soprattutto al futuro, siamo molto sensibili ai problemi dell’approvvigionamento idrico”. Martorana è stata eletta nella rappresentanza sindacale unitaria di Cap, è iscritta alla Filctem Cgil. “Siamo contenti che le aziende pubbliche dell’acqua garantiscano gestioni efficienti e sostenibili, ma bisogna capire che si tratta di attività sempre più complesse e articolate. Da anni ormai lavoriamo al limite, e lo dimostrano i dati sulla gran quantità di straordinari, sempre in aumento, e la situazione della reperibilità, sempre più in difficoltà con i numeri e con le professionalità da coprire”. Ogni rosa ha anche le spine. “È urgente – conclude Martorana - attivare corposi piani di assunzione, soprattutto di personale operaio ma non solo, e politiche di remunerazione che consentano alle persone di restare nelle aziende pubbliche, garantendo di non disperdere le competenze, e di evitare il rischio – sempre più concreto - di trasformare le aziende in semplici stazioni appaltanti che poi si mettono completamente nelle mani delle ditte cui viene con sempre maggiore frequenza affidato il “lavoro lavorato”, in molte occasioni per coprire quelle parti di lavoro che non si riesce a fare proprio perché il personale è insufficiente”.
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Milano, l’acqua pubblica ben gestita - di Frida Nacinovich
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