I.
Con una personalità come quella di Rosa Luxemburg non ce la si può sbrigare con un semplice articolo. Occorre farlo tuttavia. Con il fermo proposito che le donne e gli uomini di ogni generazione animati da spirito critico non possono fare a meno di conoscerla e di studiarla. Anche solo attraverso il film di Margarethe Von Trotta “Rosa L.” e le biografie di Paul Frölich e di Peter Nettl. Anche solo, in Italia, attraverso i lavori pionieristici di Lelio Basso e di Luciano Amodio.
E non è solo la rassegna dei nostri riferimenti tradizionali a muoverci. È la consapevolezza che ciò che lei rappresenta è così straordinariamente importante per noi. Con l’altrettanto ferma consapevolezza che il contesto storico in cui visse e attivamente operò era totalmente diverso dal nostro. Per la storia europea e mondiale, per la società capitalistica di allora, per la storia del movimento operaio e socialista (e poi comunista), per come erano la socialdemocrazia tedesca e la Seconda Internazionale, per gli accesi dibattiti e le profonde divisioni nel campo del socialismo e del marxismo (meglio dei “marxismi”). Per come tutto precipitò nell’immane tragedia del socialsciovinismo della prima guerra mondiale. Vero spartiacque storico.
Oggi la morfologia sociale, almeno nei centri capitalistici, è totalmente cambiata. Il capitalismo su scala mondiale, con annesse periferie o Sud Globale, si è grandemente trasformato, le forme culturali e le forme di coscienza, le forme politiche, parallelamente molto cambiate.
II.
Dico “personalità”, come totalità ricca. Goethe diceva che il talento nasce nel silenzio della stanza da studio, il carattere nella tempesta della vita. Rosa fu questa commistione felice di talento e di carattere/tipo umano.
La donna, la sua vita quotidiana piena di sensibilità e di sentimenti, verso le classi subalterne e verso i popoli oppressi e verso il bello naturale e la natura, la teorica, la militante socialista, la dirigente impavida che combatte contro il militarismo prussiano ecc. costituiscono un tutto inscindibile. È la vivente testimonianza di una umanità possibile.
Con il sacrificio finale in quel tremendo gennaio 1919 che tutto rivelò. Frettolosità, e impreparazione, rivoluzionaria, da una parte, e l’ulteriore e finale tradimento socialdemocratico. Eppure lei rimase a Berlino, a fianco dei suoi compagni, benché consapevole dell’assai possibile scacco.
Il fossato di sangue, suo e di Karl Liebknecht, degli spartachisti e dei comunisti tedeschi insorti, sommariamente eseguiti nelle strade di Berlino a opera della soldataglia al servizio del governo socialdemocratico, doveva a sua volta costituire una delle cause, non la sola ovviamente, della successiva tragica rottura tra comunisti e socialisti e dei tragici settarismi che finirono per favorire l’affermarsi e il consolidarsi del fascismo e del nazismo.
Settarismi anche entro il mondo della Terza Internazionale, con le accuse di parte staliniana di “luxemburghismo” assimilato al trotskismo ecc. Si giunse persino a usare la volgare espressione di “lue luxemburghiana”.
Le etichette, le definizioni sbrigative sono patrimonio triste della nostra storia. Di tutte le correnti, moderate e radicali, non solo dello stalinismo.
III.
A grandi linee. Attraverso Rosa Luxemburg emergono le grandi questioni, purtroppo spesso per polarizzazioni nette, che hanno interessato nel passato e che tuttora interessano anche noi. Riforme e rivoluzione, parlamentarismo e lotta sindacale e lotta rivoluzionaria, sciopero di massa-spontaneità-consigliarismo e attivismo dal basso e organizzazione e dirigismo del partito, centralismo democratico e democrazia interna (onnipresente il nesso socialismo-democrazia), questione nazionale e imperialismo allora (oggi, momento nazionale e ruolo dello stato-nazione nella globalizzazione) ecc. ecc.
Era portata a condividere la visione secondo la quale la trasformazione rivoluzionaria poteva avvenire solo nei punti alti dello sviluppo capitalistico. Da qui la poca considerazione del ruolo dei contadini e dell’essere-proprio-così della rivoluzione russa. Con il suo temere la deriva autoritaria nella costruzione del socialismo dopo la rivoluzione.
L’apporto fondamentale suo rimane comunque il libro “L’accumulazione del capitale” del 1913. Anche con le aporie della sua impostazione secondo la quale il capitalismo era destinato al crollo dal momento che si avvicinava al “limite” della sua espansione su scala mondiale. Il capitalismo storico ha funzionato sì in modo “estensivo”, ma ancor più invece in modo “intensivo”. Da qui la sua longevità.
Infine l’importante sua analisi del militarismo e della produzione di armi come parte organica, non marginale, della produzione complessiva sociale.
IV.
Con Rosa Luxemburg. Il socialismo non è solo “economia”, non è solo “radioso avvenire” assicurato. È una possibilità. È la realizzazione, qui e ora, delle condizioni che possano consentire a ogni essere umano di esprimere e di sviluppare le proprie potenzialità.