Una norma di civiltà per cui la Flai Cgil si batte da anni: così definiremmo la regolarizzazione dei migranti inserita nel “Decreto rilancio”. Appena l’emergenza sanitaria è esplosa abbiamo chiesto azioni urgenti per tutelare i tanti migranti costretti a vivere nei cosiddetti insediamenti informali, preoccupati del fatto che le misure di tutela della salute non potessero trovare alcuna possibilità di attuazione in quei luoghi. Con il rischio che, alla già drammatica situazione in cui versano i migranti, si aggiungesse l’impossibilità di contenere il contagio, a danno non solo loro ma dell’intera collettività.
Con la campagna #REGOLARIZZATELI e la lettera appello che abbiamo promosso insieme a Terra Onlus, che ha visto tantissime adesioni da parte di associazioni importanti, personalità di rilievo e anche privati cittadini, sostegni preziosi in questi mesi, abbiamo portato all’attenzione del Presidente della Repubblica e dell’esecutivo l’urgenza di risolvere la questione della regolarizzazione dei migranti che vivono nei ghetti.
Quanto previsto nel decreto significa per tante donne e tanti uomini la possibilità concreta di affrancarsi dal ricatto e dai soprusi dei caporali attraverso il riconoscimento della loro esistenza nel nostro Paese. Perché di questo si sta parlando: dare a coloro che hanno continuato a lavorare nei campi, per far arrivare sulle nostre tavole frutta e verdura anche in questi mesi di lockdown, la possibilità di essere visibili, legali, di cercare lavoro e pretendere che sia pagato il giusto.
Abbiamo sempre ribadito che la nostra era ed è prima di tutto una battaglia di dignità e giustizia sociale. La “roulette sui numeri” che ha riempito le pagine dei quotidiani nei giorni scorsi, e che ancora oggi continua, non ci appassiona per due ordini di motivi. Il primo è che i numeri, quelli reali, può e deve fornirli il ministero dell’Interno. Il secondo è che ci fa orrore l’idea di dover parlare dei migranti come di braccia che ora ci fanno comodo e che, terminate l’emergenza e la stagione di raccolta, possiamo serenamente accompagnare alla porta. Si tratta di lavoratori e lavoratrici che vivono in Italia, ai quali vanno riconosciuti diritti fondamentali, una vita ed un salario dignitoso.
Quello della regolarizzazione è un tema trasversale, che interessa tutti i lavoratori, poiché togliendo i migranti dal giogo dei caporali e della criminalità organizzata si può riuscire a rompere il meccanismo perverso dello sfruttamento e del sotto-salario in agricoltura, che spesso subiscono anche i lavoratori italiani. Di più, questo permette di compattare la lotta e batterci uniti, lavoratori italiani e stranieri, per avere il giusto salario e l’applicazione dei contratti, mentre le aziende che sfruttano non avranno più la possibilità di ricattare i lavoratori, anche italiani, minacciandoli di trovare chi è disposto a lavorare, per necessità, in condizioni peggiori.
Questa la nostra risposta concreta, tangibile e chiara a chi ci ha tacciati di perseguire una battaglia “buonista”. Pari diritti, pari salario, pari dignità. Nel dettaglio, il decreto prevede che siano regolarizzati i lavoratori cui è scaduto il permesso di soggiorno dal 31 ottobre 2019 ma anche chi, in questo momento, ha in corso un rapporto di lavoro in nero, purché abbia attivato un contratto minimo di qualche giornata in agricoltura.
Altro elemento importante è la platea cui il provvedimento si applica, che ricomprende tutti i lavoratori impiegati in attività agricole, non solo quelli dell’agricoltura propria ma anche chi lavora nelle attività connesse: magazzini, allevamenti, macellazione, trasporti.
Ora occorre vigilare affinché il decreto sia applicato e siano resi operativi gli importanti strumenti già individuati con la legge 199/2016, primo fra tutti le sezioni territoriali della ‘Rete del lavoro agricolo di qualità’ per l’incontro pubblico tra domanda ed offerta di lavoro. E ancora occorre dar gambe a quanto previsto al ‘Tavolo sul caporalato’ con il piano triennale in tema di alloggio ed accoglienza, compresa la dotazione finanziaria già prevista per l’attuazione di questo piano. Riteniamo fondamentale dare finalmente gambe a questi strumenti e continueremo a batterci per rendere concrete tutte queste misure.
Ci auguriamo infine che questo importante provvedimento non diventi terreno di scontro politico da parte della destra, perché il nostro Paese ha bisogno, ora più che mai, di giustizia sociale e capacità di guardare al bene comune e non agli interessi particolari. l