La campagna “Ero straniero” incalza il Parlamento sulla proposta di legge di iniziativa popolare e per misure immediate nella legge di bilancio.
Il 27 ottobre 2017 erano state consegnate al Parlamento 90mila firme raccolte con la campagna “Ero straniero – L’umanità che fa bene”, su una proposta di legge di iniziativa popolare per cambiare le politiche sull’immigrazione e superare la legge Bossi-Fini. Una campagna impegnata anche sul piano culturale, composta da un cartello di associazioni in tutta Italia, laiche e religiose, con l’obbiettivo di dare voce a quella parte del paese che respinge con forza la politica dei muri e crede che il fenomeno migratorio vada governato, tenendo insieme legalità, diritti, inclusione e coesione sociale.
Il 12 novembre scorso, nella sala stampa della Camera, i promotori hanno tenuto una conferenza stampa per ribadire la necessità e l’urgenza che governo e Parlamento intervengano sul tema nell’ambito della discussione sulla manovra economica, perché il paese non può continuare e non può permettersi una gestione delle migrazioni con logiche meramente securitarie e di ordine pubblico, come si è verificato con i decreti sicurezza di Salvini approvati lo scorso anno. Provvedimenti che di fatto hanno aumentato il numero degli immigrati irregolari, favorito lo sfruttamento e il lavoro nero. Creando situazioni che favoriscono solo le organizzazioni criminali, pronte ad approfittare delle condizioni di ricattabilità degli stranieri.
Nell’aprile scorso è stata avviata in commissione Affari Costituzionali della Camera la discussione della proposta di legge di iniziativa popolare di riforma dell’attuale testo unico sull’immigrazione. Il testo della proposta si compone di otto articoli che prevedono, tra l’altro, l’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione, attività di intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari, e la reintroduzione del sistema dello sponsor. Vengono anche proposte forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri stabilmente presenti nel territorio, che abbiano legami familiari o la disponibilità di un lavoro, e misure per l’inclusione sociale e lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati, puntando sulle politiche attive. Inoltre vengono previsti canali diversificati di ingresso per lavoro, a partire dall’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca lavoro, per facilitare l’incontro con i datori di lavoro, e la partecipazione alla vita democratica con il diritto di voto amministrativo.
Nella manovra di bilancio in discussione in questi giorni c’è un emendamento esplicito sulla regolarizzazione, su proposta delle senatrici Emma Bonino e Loredana De Petris, a confermare l’urgenza e la necessità di intervenire su questo problema che interessa circa 650mila migranti. Tutto il paese ne beneficerebbe in termini economici e sociali: emersione del lavoro nero e sfruttato, fisco, contributi sociali.
Il 15 giugno di due anni fa era stata presentata alla Camera un’altra proposta di legge, la 4551, “Modifiche alla disciplina in materia di immigrazione e condizione dello straniero. Ratifica del capitolo C della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale”, definita a Strasburgo il 5 febbraio 1992. La proposta, in alcuni punti sostanzialmente simile a quella della campagna “Ero straniero”, riproduceva le idee e le disposizioni normative elaborate dal gruppo di lavoro per una nuova legge sull’immigrazione. Il gruppo di lavoro è stato promosso e coordinato dall’onorevole Andrea Maestri, ad esso hanno portato contributi l’Asgi, Cgil, Cisl, Uil, Simm e Cestim
Dunque c’è una grande parte del paese che non si arrende di fronte alle situazioni di crescenti tensioni xenofobe, consapevole dell’importanza che il tema dell’immigrazione sia affrontato prioritariamente attraverso un gran lavoro di pedagogia culturale, teso a favorire una convivenza pacifica tra cittadini, e con un approccio che valorizzi lo scambio e il confronto con l’alterità come condizione generale di crescita sociale e culturale. È ora che Parlamento e governo diano finalmente risposta a questa parte della società che guarda con lungimiranza e apertura al futuro di un paese solidale e multiculturale.