Il ricordo del rifugiato bracciante agricolo rafforza le lotte di oggi contro razzismo, caporalato, infiltrazioni mafiose, discriminazioni.
Sono trascorsi trent’anni dalla morte di Jerry Masslo, e il 15 novembre la Flai Cgil ha voluto ricordare la sua figura con una giornata ricca di iniziative proprio nei luoghi dove visse. La commemorazione è stata l’occasione per ragionare di azioni concrete di contrasto allo sfruttamento lavorativo, e per la reale inclusione dei lavoratori migranti.
La mattina a Caserta si è tenuto l’incontro con le comunità di fede del territorio, con le quali Flai Cgil sta costruendo collaborazioni per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei migranti. La giornata è proseguita con la commemorazione di Jerry Masslo e la deposizione di fiori sulla sua tomba, a cui è seguito un incontro con i familiari delle vittime innocenti di camorra presso la cooperativa “Le Terre di Don Peppe Diana”. Nel pomeriggio a Mondragone un convegno con i rappresentati istituzionali ha affrontato il tema della mobilità sul territorio. La garanzia di un servizio di trasporto pubblico è un ulteriore e fondamentale terreno attraverso il quale combattere il caporalato.
Jerry Masslo era un rifugiato di 29 anni fuggito dall’apartheid sudafricano e arrivato in Italia con la prospettiva di una vita finalmente libera dai pregiudizi. Si ritrovò a fare il bracciante agricolo, per raccogliere un po’ di denaro per potersi ricongiungere con la moglie e i figli. Lavorava insieme a centinaia di altri immigrati alla raccolta del pomodoro. Lavoravano fino a dieci ore al giorno e venivano pagati dalle 800 alle 1.000 lire a cassa di pomodoro, circa 25 chili.
Nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1989 una banda di criminali fece irruzione nel casolare dove alcuni immigrati dormivano, e sotto la minaccia delle armi cercò di farsi consegnare il denaro in loro possesso. Jerry e altri si rifiutarono, la situazione degenerò e furono sparati tre colpi di pistola, uno dei quali uccise Jerry.
La morte di Masslo scosse profondamente le coscienze di tutto il paese. La Cgil chiese e ottenne i funerali di Stato che si svolsero il 28 agosto. Il 20 settembre a Villa Literno ci fu il primo sciopero degli immigrati contro il caporalato, e il successivo 7 ottobre si tenne a Roma la prima grande manifestazione contro il razzismo, a cui parteciparono circa 200mila persone. L’eco fu tale da far rivedere la normativa relativa ai rifugiati politici.
Sembrò una svolta reale, ma le condizioni degli immigrati in agricoltura non cambiarono molto. Nel 2006 nelle campagne pugliesi 119 polacchi scomparvero, letteralmente. Nel 2015 morirono in agricoltura quindici persone, tra queste Paola Clemente, una bracciante italiana.
La Flai Cgil ha da tempo fatto della lotta allo sfruttamento lavorativo in agricoltura un terreno prioritario di azione. Nel 2009 lanciò in Puglia la prima campagna denominata “oro rosso”, contro lo schiavismo e il lavoro nero nella raccolta dei pomodori. Dal 2011 al 2016 avviò una campagna permanente in tutta Italia fino all’ottenimento della legge 199, che sanziona lo sfruttamento lavorativo e il caporalato. Una legge importante, ma ancora in larga parte inattuata, non a caso oggetto di forti pressioni per arrivare ad un suo depotenziamento.
Se passi in avanti sono stati fatti per reprimere gli episodi di sfruttamento lavorativo, praticamente nulla si è ancora fatto per avviare quel lavoro di prevenzione assolutamente necessario per porre fine a condizioni di lavoro medievali tuttora esistenti. La “Rete del lavoro agricolo di qualità” prevista dalla legge 199, che dovrebbe indicare le imprese agricole che rispettano le norme in materia di lavoro, legislazione sociale e fiscali, è ancora lontana dal venire realizzata.
“Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi – diceva Jerry Masslo in un’intervista a “Nonsolonero”, registrata poco prima di venire ucciso – invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato, e allora ci si accorgerà che esistiamo”.
Oggi in Italia sono impiegate in agricoltura circa 1milione e100mila persone, di queste si stima che circa 430mila siano “invisibili”.