Il 22 ottobre si è spento Aris Accornero, un profondo conoscitore e studioso del lavoro e delle organizzazioni sindacali, in tutte le loro manifestazioni. Ha cominciato a conoscere lavoro e sindacato sin da giovanissimo come operaio alla RIV di Torino, dove proprio l’attivismo sindacale gli costò nel 1957 il “provvedimento disciplinare” del licenziamento.
Dalle pagine de “l’Unità” ha poi seguito da vicino come cronista sindacale i conflitti degli anni Sessanta, fra i quali quello del Cotonificio Valle Susa, sul quale era tornato cinquant’anni dopo con “Quando c’era la classe operaia”. Pubblicato nel 2011, rendeva noti i risultati di una indagine condotta in modo pionieristico mezzo secolo prima, su una lotta che lui considerava uno “spartiacque” fra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta.
Alla fine degli anni Sessanta è in Cgil, dove lavora con Agostino Novella prima e Luciano Lama dopo, arrivando a dirigere prima “Rassegna sindacale” e poi i “Quaderni di rassegna sindacale”, facendo diventare quest’ultima una rivista che per i temi affrontati e gli approcci adottati - fra tutti quello della ricerca sociologica - ha informato ma soprattutto ha formato i nuovi quadri sindacali. È stato fra l’altro tra i maggiori fautori della nuova serie della rivista, avviata nel 2000 con l’aggiunta al titolo della parola “Lavori”.
Dal 1976 al 1984 ha diretto la Sezione di ricerca sociale del Cespe, il Centro studi di politica economica del Pci, dove tra le numerose linee di ricerche seguite è da ricordare quella sulla condizione operaia alla Fiat, studiata attraverso una ricerca di massa alla vigilia di quello che sarà il duro conflitto dei “35 giorni”. Fra i risultati più significativi ci sono quelli relativi alla pluricitata tipologia sui tre tipi di operai, apparsa cofirmata con Fabrizio Carmignani e Nino Magna nel 1985, sulla rivista del Centro “Politica ed economia”. Il dato più significativo era il peso minoritario degli operai orientati apertamente al conflitto.
Al Cespe ha iniziato anche i suoi studi sul mercato del lavoro italiano, sistematizzati ne “I paradossi della disoccupazione”, scritto con Fabrizio Carmignani e uscito nel 1986. Per altri venti anni analizzerà con diverse ricerche la progressiva flessibilizzazione del mercato del lavoro, ricostruendone storia e caratteri in “San Precario lavora per noi”, uscito nel 2006.
Nel 1981, da non laureato, era approdato all’università dove sarà professore ordinario di Sociologia industriale nella facoltà di Sociologia alla Sapienza di Roma, e nel 2002 verrà nominato professore emerito. Nel novembre del 2000 riceve la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall’Università di Ferrara.
Attento a dare voce alle diverse soggettività che popolano quello che ha chiamato “il mondo della produzione”, sulle grandi indagini tornerà spesso. Nel 2002 progetterà quella sul “lavoro che cambia”, che raccoglierà quasi 23mila questionari e verrà pubblicata nel 2005. Da acuto analista ha saputo evidenziare i limiti della visione del movimento operaio ne “Il lavoro come ideologia” (1980), e i suoi errori strategici in “La parabola del sindacato” (1992), così come ha saputo cogliere i cambiamenti di fine secolo nel modo di lavorare in “Era il secolo del Lavoro” (1997).
Dal 1990 al 1996 è stato membro della Commissione di garanzia sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, dove si è trovato in prima persona a fare i conti con il fenomeno della terziarizzazione del conflitto, da lui stesso prospettato qualche anno prima.