In Italia, l’inquinamento atmosferico si traduce in circa 80mila morti premature all’anno: siamo lo stato Ue più colpito per mortalità connessa al biossido d’azoto.
L’inquinamento atmosferico è il più grande rischio ambientale per la salute in Europa e l’onere conseguente alle malattie causate dall’inquinamento atmosferico è sostanziale. Le malattie cardiache e l’ictus sono le cause più comuni di morte prematura attribuibili all’inquinamento atmosferico e sono responsabili per l’80% dei casi; seguono malattie polmonari e cancro ai polmoni. Oltre a causare la morte prematura, l’inquinamento atmosferico aumenta l’incidenza di una vasta gamma di malattie (per esempio, respiratorie e cardiovascolari, e cancro), con effetti sulla salute a breve e a lungo termine.
L’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato come sostanze cancerogene l’inquinamento atmosferico in generale, e le Pm (le particelle di particolato). Gli inquinanti più seri d’Europa in termini di danno alla salute umana sono Pm, No2 e O3 a livello del suolo.
Le stime degli impatti sulla salute attribuibili all’esposizione all’inquinamento atmosferico indicano che le concentrazioni di Pm 2.5 nel 2014 sono state responsabili, nei 41 paesi d’Europa, per circa 428mila morti premature originate da esposizione a lungo termine, mentre le morti premature causate da esposizione a No2, e dalle concentrazioni di O3, sono state rispettivamente 78mila e 14,4mila.
In Italia questo numero si traduce in circa 80mila morti premature all’anno: siamo lo stato membro più colpito in termini di mortalità connessa al biossido d’azoto (dati European Environment Agency). E’ bene ricordare questi numeri perché il 30 gennaio scorso il ministro dell’ambiente Galletti, insieme ai ministri di altri otto paesi europei, è stato convocato d’urgenza a Bruxelles dal commissario all’ambiente Karmenu Vella, che lo ha ammonito per il mancato rispetto delle direttive europee, intimando un ultimatum per mettersi in regola.
Il commissario ha detto chiaramente che i contributi dei nove paesi sono positivi “ma non sufficienti a modificare il quadro complessivo”. Il nostro paese rischia di essere deferito alla Corte di giustizia europea, se non presenta un piano strutturale che consenta di rispettare i limiti stabiliti. In Europa sono in corso azioni legali contro 13 Stati per la violazione dei limiti per il biossido d’azoto, e contro 16 per le polveri sottili. L’Italia è coinvolta in entrambe le procedure, per le quali ha già ricevuto un parere ragionato (il 15 febbraio e il 27 aprile 2017).
L’ottimismo di questi giorni del ministro Galletti ci sembra sinceramente eccessivo. Il rapporto presentato da Legambiente sulle città più inquinate d’Italia descrive un quadro affatto positivo. Le città più inquinate sono Torino, Cremona e Alessandria, ma i capoluoghi italiani in cui è stato superato il limite per le polveri sottili sono addirittura 39. Il limite è fissato a 35 giorni l’anno: Torino ha registrato 112 giorni di inquinamento oltre la soglia, Cremona 105 giorni e Alessandria 103. Padova, Pavia, Asti, Milano, Venezia, Frosinone, Lodi e Vicenza hanno superato la soglia tra i 105 e i 90 giorni. L’allarme riguarda soprattutto la pianura padana: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ma hanno superato le soglie consentite anche città della Campania (Caserta, Avellino e Napoli), Terni, Pordenone, Trieste e Pesaro.
A seguito dell’incontro con il commissario europeo all’ambiente, il ministro Galletti ha affermato: “La contabilità dei morti non ce l’ho e preferirei non averla. Il problema riguarda 19 paesi su 28. Poi dipende anche dalle piogge, se fa caldo. E io su questo faccio fatica a intervenire”. Parole che sono un insulto ai morti e all’intelligenza dei vivi.
Per affrontare il problema della qualità dell’aria e dello smog le soluzioni tecniche ci sono: servono solo scelte politiche responsabili e rispettose della salute umana e dell’ambiente. Il governo di cui il ministro faceva parte non si è assunto questa responsabilità. Ha preferito mettere in campo interventi emergenziali, quali i blocchi temporanei della circolazione e l’invito ad abbassare il riscaldamento delle abitazioni, piuttosto che realizzare una seria politica strutturale, accompagnata da investimenti adeguati per la mobilità sostenibile, l’efficienza e la transizione energetica.