Ho accettato volentieri di scrivere un breve ricordo della compagna Lina Fibbi, perché penso sia utile e necessario raccontare, soprattutto oggi – in presenza di odiosi rigurgiti fascisti e di una strisciante cultura “negazionista” che interessano l’Italia, l’Europa e l’intero pianeta – la storia di chi come Lina, più di 70 anni fa, mettendo a repentaglio la propria vita, ha contribuito a liberare il mondo dagli orrori del nazismo e del fascismo, riconquistando pace, libertà e democrazia per il nostro paese, ed ha continuato - anche dopo - a battersi per un futuro migliore da lasciare come eredità alle nuove generazioni.
Soprattutto, penso sia importante ricordare le motivazioni che ci animavano collettivamente, tutte e tutti uniti in quella cultura del “noi” distante e diversa da quell’”io” che oggi pare dominare l’insieme degli aspetti della politica; rammentare le passioni, l’indomabile volontà di lottare contro la dittatura, le ingiustizie e le angherie; la prepotente voglia di cambiare, con il sacrificio e con la lotta, il corso delle cose.
Lina Fibbi a soli 17 anni era dirigente dell’Unione delle ragazze nella Regione del Rodano in Francia, dove si era trasferita fin da bambina (a tre anni, nel 1923) con i genitori, costretti ad emigrare dall’Italia per sottrarsi alle violenze dei fascisti. All’inizio della seconda guerra mondiale Lina, che lavorava come operaia tessile già da molti anni, viene arrestata dalla polizia francese e condotta nel campo di Rieucros. Nel 1941, aderendo all’indicazione dei dirigenti del Partito Comunista Italiano, chiede e ottiene di essere rimpatriata in Italia dove viene nuovamente arrestata e costretta a scontare sei mesi nel carcere di Firenze.
Dopo la caduta del fascismo è stata protagonista nella lotta di liberazione: ha operato nella direzione clandestina del Pci; ha fatto parte del comando generale delle Brigate Garibaldi, organizzando i Gruppi di difesa della donna e occupandosi direttamente di molte missioni promosse dal comando delle Brigate. Dopo la Liberazione ha continuato nell’impegno sociale e politico, ricoprendo il ruolo di segretaria della Federazione degli operai tessili della Cgil e divenendo deputata, eletta nella quarta e nella quinta legislatura nelle liste del Pci.
La storia ed il ricordo di Lina (straordinaria partigiana e combattente, militante e dirigente nel sindacato e nella politica e grande donna), insieme a quelli delle tante e dei tanti che sacrificarono o misero a repentaglio la propria vita per riconquistare la libertà e la democrazia, credo debbano ispirare e caratterizzare la campagna “Mai più fascismi”, promossa da 23 tra associazioni, partiti, sindacati e movimenti al fine di contrastare energicamente ogni rigurgito squadrista e fascista, per dire “No” rispetto al moltiplicarsi di inquietanti episodi di violenza e razzismo, pretendendo l’applicazione della Costituzione e delle leggi dello Stato italiano.
Ancora oggi, non malgrado ma forte dell’esperienza data dai miei 92 anni di età, continuo ad essere una militante, a dare un contributo per affermare – attraverso l’agire collettivo, sociale e politico – i valori ed i principi di quella straordinaria carta costituzionale, nata dalla Resistenza antifascista, che ha il solo demerito di essere in larga parte inapplicata. Tra le cose che amo di più fare, perché la ritengo davvero utilissima, è andare – ogni volta che vengo invitata – nelle scuole di ogni ordine e grado, tra i giovani e tra i bambini, a raccontare la storia di quanti hanno combattuto per la libertà.
La celebre frase “senza memoria non c’è futuro” ritengo sia quanto mai giusta e attuale. Raccontare le tante storie, come quella di Lina che veniva arrestata in Francia e poi in Italia, non per aver commesso dei reati ma per le idee che aveva, penso rappresenti il miglior modo per riaffermare tra i giovani – attraverso i racconti di una nonna che chiede ai tantissimi nipoti di raccogliere il testimone della memoria – una forte cultura antifascista, civile e democratica - come base per costruire un futuro migliore.